Antonio Gramsci

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Antonio Gramsci
Una foto a colori del rivoluzionario sardo Antonio Gramsci.
Nome Intero Antonio Sebastiano Francesco Gramsci
Data di nascita 22 Gennaio 1891
Luogo di nascita Ales, Regno d'Italia
Data di morte 27 Aprile 1937
Luogo di morte Roma, Regno d'Italia
Attività politica
Cariche politiche
  • Segretario generale del Partito Comunista d'Italia
    (08/1924 - 1927)
  • Deputato del Regno d'Italia
    (06/04/1924 - 09/11/1926)
Partito politico Partito Comunista d'Italia

Antonio Sebastiano Francesco Gramsci, anche detto Nino è stato un rivoluzionario, politico, giornalista, filosofo, linguista, politologo e critico letterario italiano. Fondò nel 1921 il Partito Comunista Italiano ricoprendo la carica di Segretario di Partito dall'agosto 1924 fino al 1927 e fondò anche il giornale L'Unità che divenne la testata ufficiale del partito.

Il regime fascista italiano lo incarcerò nel 1926 per «impedire a quel cervello di funzionare per almeno vent'anni»[1]. Gramsci otterrà tuttavia la libertà vigilata nel 1934 che gli consentì di ricoverarsi presso una clinica privata a Roma trascorrendovi gli ultimi anni della sua vita e spengendosi nel 1937.

Gramsci è uno dei pochi marxisti italiani a non subire una demonizzazione dalla propaganda borghese, questo perché non solo non riuscì ad instaurare un governo socialista in Italia ma fu anche un antifascista e fu perseguitato dal regime fascista per tale motivo. Ancora oggi Gramsci è considerato uno dei più importanti punti di riferimento per molti socialisti e comunisti in particolar modo marxisti-leninisti, risultando una figura apprezzata anche da revisionisti e trotskisti nonostante Gramsci fosse molto critico verso Trotskij a tal punto da definirlo «la prostituta del fascismo» appoggiando invece Iosif Stalin.

Biografia

La difficile infanzia

La casa natale di Gramsci ad Ales (fonte: Catalogo generale dei Beni Culturali)

Antonio Gramsci nacque il 22 gennaio 1891 ad Ales, un paese della Marmilla in Sardegna (oggi in provincia di Oristano). Il padre Francesco (1860-1937) era un impiegato presso l'Ufficio del Registro di Sòrgono[2] ed aveva origini albanesi mentre la madre, Giuseppina Marcias (1861-1932) era di origini ispaniche. Fu quartogenito di sette fratelli, l'ultimo tra i tre nati ad Ales[3]. La famiglia ha vissuto inizialmente a Ghilarza, per poi trasferirsi ad Ales, successivamente a Sòrgono ed infine ritornano a Ghilarza dove la famiglia si stabilì definitivamente. La casa dei Gramsci a Ghilarza è oggi un museo dedicato al rivoluzionario italiano.

Sin dalla sua infanzia, Gramsci aveva problemi di salute: All'età di diciotto mesi iniziava a mostrare i primi sintomi del morbo di Pott, una tubercolosi ossea che causa il cedimento della spina dorsale e la seguente comparsa della gobba. La famiglia tuttavia preferì affidarsi alla superstizione e non alla medicina, malgrado già all'epoca con una diagnosi tempestiva ed un intervento chirurgico era possibile evitare danni permanenti causati dalla malattia[4]. All'età di quattro anni, il giovane Antonio soffriva di ripetute emorragie associate a convulsioni. I medici sostennero che Antonio sarebbe morto molto presto, di conseguenza la famiglia si spaventò a tal punto da acquistargli una cassa da morto ed un abito[5].

27 ottobre 1900 le autorità italiane condannano Francesco Gramsci, il padre di Antonio, a quasi sei anni di galera per illeciti penali scovati a seguito di una inchiesta presso l'Ufficio del Registro di Sòrgono. Il padre fu condannato anche alla sospensione del mestiere ed alla perdita dello stipendio. Tale evento segnò e turbò l'infanzia di Antonio già molto difficile a causa delle sue condizioni di salute, e la madre dovette lavorare duramente per sostenere la famiglia[6].

A causa delle sue condizioni di salute, Gramsci frequentò la scuola elementare solo a partire dai sette anni, dimostrandosi tuttavia brillante in tutte le materie grazie anche alla sua capacità di leggere e scrivere che aveva già imparato da autodidatta ed era molto avviato alla lettura di libri e romanzi da ben prima della sua effettiva iscrizione a scuola. Inoltre era un tuttofare: mentre si dedicava allo studio, il giovane Antonio costruiva giocattoli, rudimentali attrezzi ginnici per irrobustire le braccia, e creò perfino un'ingegnosa struttura in lamiera per farsi la doccia[7]. Per una misera paga, Antonio ha lavorato col fratello maggiore Gennaro presso l'Ufficio del Catasto di Ghilarza.

Antonio Gramsci concluse gli studi elementari nel 1903, ma la condizione economica della famiglia non gli permise di iscriversi subito al ginnasio, dal quale Antonio si iscriverà due anni più tardi presso il ginnasio di Santu Lussurgiu. Nel frattempo Antonio continuava a lavorare faticosamente presso l'ufficio del catasto e continuava ad affinare la sua cultura tramite studi autodidattici e qualche ripetizione. Per i tre anni del ginnasio, Antonio abitava durante la settimana presso una contadina, per poi tornare a casa durante la settimana.

Antonio ha terminato gli studi del ginnasio a Oristano all'età di diciassette anni e poté effettuare gli studi superiori trasferendosi a Cagliari col fratello Gennaro che fu trasferito agli uffici catastali del capoluogo sardo.

Gramsci a Cagliari

Il periodo trascorso a Cagliari fu cruciale nella formazione di Antonio Gramsci. La città dominata da attività commerciali e sedi amministrative, ma anche da una significativa presenza operaia nei distretti minerari, ospitava un'importante università che fungeva da centro di diffusione della cultura e delle idee socialiste. Durante le rivolte popolari del 1906, che univano proletariato urbano e minatori contro la borghesia, Gramsci prese coscienza delle profonde disuguaglianze sociali. Nonostante le difficoltà economiche e la vita modesta, Gramsci sviluppò un grande interesse per il giornalismo, il teatro e la filologia, accostandosi anche al pensiero marxista e ai principali intellettuali dell'epoca[8].

Gramsci conseguì la licenza liceale (l'equivalente dell'attuale diploma di scuola superiore) nel 1911 con una pagella brillante: tutti "otto" e un "nove" in italiano. Grazie alle brillanti doti scolastiche, Gramsci fu nominato nell'autunno del 1911 dall'Istituto Carlo Alberto di Torino, assieme ad altri studenti promettenti ma poveri, alla partecipazione di un concorso che mise in palio venti borse di studio e l'iscrizione all'Università di Torino.

I primi passi verso il giornalismo

Gramsci al ginnasio di Santu Lussurgiu.

Durante il suo periodo a Cagliari, Antonio Gramsci sviluppò un vivo interesse per il giornalismo, grazie anche alla sua frequentazione dell'Unione Sarda, il quotidiano più importante della Sardegna. Il suo legame con questo giornale si consolidò soprattutto attraverso il suo rapporto con il professor Raffaele Garzìa, docente di Lettere e direttore de LUnione Sarda, di cui Gramsci divenne un collaboratore occasionale. Garzìa, di idee radicali e anticlericali, riconobbe il talento di Gramsci e ne incoraggiò lo sviluppo. Spesso leggeva in classe i suoi elaborati, ed invitava il giovane a visitare la redazione del giornale, offrendogli così l'opportunità di entrare in contatto diretto con il mondo del giornalismo. Fu proprio su LUnione Sarda che Gramsci pubblicò il suo primo articolo intitolato A proposito d'una rivoluzione, scritto il 25 luglio 1910. L'articolo fu un resoconto brillante di un'operazione dei carabinieri che si rivelò un fallimento[9].

Questa esperienza rappresentò per Gramsci non solo un'occasione per mettere in pratica le sue abilità di scrittura, ma anche un primo passo verso la sua futura carriera di intellettuale e scrittore impegnato. Il giornalismo divenne per lui uno strumento per comprendere e descrivere la realtà sociale e politica del suo tempo, gettando le basi per il suo successivo impegno politico e filosofico.

L'inizio della formazione politica

Antonio Gramsci iniziò la sua formazione politica durante il periodo scolastico, grazie alla sua curiosità intellettuale e alla varietà di letture a cui si dedicava. Nonostante le difficoltà economiche e le condizioni di vita precarie, Gramsci era un lettore accanito e un autodidatta, e questo lo portò a esplorare un'ampia gamma di autori e correnti di pensiero. Tra le sue letture figuravano non solo autori classici italiani come Grazia Deledda, che non amava particolarmente, e i romanzi popolari di Carolina Invernizio e Anton Giulio Barrili, ma anche testi più impegnativi e moderni come quelli di Benedetto Croce e Gaetano Salvemini[10].

L'interesse per Karl Marx, tuttavia, nacque proprio durante gli anni del liceo a Cagliari, un periodo in cui Gramsci si avvicinò gradualmente alle idee socialiste e marxiste, stimolato dall'ambiente culturale e politico che lo circondava. La Sardegna, in quel tempo, era un luogo attraversato da forti tensioni sociali e politiche, con le lotte dei minatori e del proletariato che Gramsci osservava da vicino. Queste esperienze dirette, unite alle sue letture, lo portarono a sviluppare una coscienza politica sempre più orientata verso il marxismo.

La figura del professor Raffaele Garzìa, suo insegnante di Lettere e direttore del giornale L'Unione Sarda, giocò un ruolo fondamentale in questa fase. Garzìa era un intellettuale radicale e anticlericale, che influenzò notevolmente il giovane Gramsci, indirizzandolo verso il pensiero critico e l'impegno politico. Gramsci iniziò a frequentare l'Associazione anticlericale dell'Avanguardia, un gruppo di studenti e intellettuali prevalentemente socialisti, dove le sue idee marxiste trovarono terreno fertile.

Gli studi universitari a Torino

L'atrio dell'Università di Torino negli anni 20.

Antonio Gramsci raggiunse la città di Torino nell'ottobre 1911 con l'intento di frequentare i corsi della facoltà di Filosofia e Lettere con indirizzo di Filologia moderna[11]. Gramsci dovette sostenere degli esami d'ingresso e piazzarsi ai primi venti posti per poter vincere la borsa di studio e studiare presso l'Università di Torino. Dopo due settimane di esami scritti ed orali, Gramsci raggiunse il nono posto della graduatoria e riuscì così ad iscriversi al corsi universitari. Allo stesso concorso di Gramsci aderirono e vennero promossi pure altri personaggi storici d'Italia come Augusto Rostagni, filologo classico cuneese, ma soprattutto i fratelli Palmiro e Maria Cristina Togliatti, che si piazzarono rispettivamente al secondo ed all'undicesimo posto della graduatoria e che condividevano con Gramsci gran parte delle idee politiche andando a fondare assieme il Partito Comunista Italiano dieci anni più tardi[12].

I primi mesi di permanenza a Torino furono molto difficili per Gramsci a causa del clima piemontese che differiva da quello sardo per essere più freddo. Inoltre Gramsci fece molta fatica a sopravvivere con le sole novanta lire della borsa di studio, a cui si aggiungevano venti lire che gli regalava la famiglia con le complessive novanta lire, insufficienti per pagare la pensione e le spese di prima necessità. Gramsci inizialmente chiedeva in continuazione del denaro e con insistenza affinché fosse sollecitato l'invio dei documenti senza i quali la borsa di studio restava sospesa. Il giovane Gramsci rimase quindi ridotto alla fame e senza un cappotto con cui potersi proteggere dal freddo, ma riuscì con l'aiuto di un bidello ad ottenere una pensione che costava settanta lire al mese e dove si faceva credito[13]. Durante il periodo universitario infatti Gramsci abitava in alloggi modesti e spesso si trovava a soffrire di denutrizione e freddo a causa della mancanza di vestiti adeguati e del cibo sufficiente. In alcune lettere indirizzate alla famiglia, Gramsci menziona esplicitamente le sue condizioni precarie, raccontando episodi in cui non poteva recarsi alle lezioni perché non aveva scarpe decenti o vestiti adatti.

Nonostante i gravi problemi economici ostacolarono Gramsci dallo studio e lo costrinsero a saltare alcune lezioni ed a peggiorargli le condizioni di salute (non riuscendo ad esempio a parlare per diversi mesi), Gramsci riuscì a rimanere costantemente impegnato nello studio. Passava gran parte del suo tempo leggendo e studiando, dedicandosi con grande rigore alle sue passioni intellettuali. Solo nella primavera del 1912 Gramsci iniziò a frequentare dei circoli culturali e politici, dove si confrontava con altri studenti e intellettuali dell'epoca, approfondendo le sue conoscenze nel campo della filosofia, del marxismo e della politica. Il compagno di studi Angelo Tasca, che in futuro fonderà con Gramsci il partito comunista in Italia, regalerà al giovane sardo una copia in francese di Guerra e Pace di Lev Tolstoj con una dedica che era un invito ai circoli socialisti torinesi[14].

Gramsci a Torino fu esposto a un ambiente accademico e politico molto stimolante. Gli insegnanti universitari di Gramsci era gente del calibro di Luigi Einaudi, Francesco Ruffini, Umberto Cosmo, Vincenzo Manzini, Gioele Solari, Matteo Bartoli, ecc... tutti di varia estrazione culturale e inclinazione di pensiero. Gramsci legò soprattutto con Matteo Bartoli e Umberto Cosmo, il primo per il comune interesse per la glottologia, il secondo per i valori socialisti che i due condividevano[15].

Gramsci rientra in Sardegna nell'estate del 1913 per una pausa dagli studi. In Sardegna si tennero le prime elezioni politiche a suffragio allargato, come voleva la riforma elettorale del 1912 che aveva esteso il diritto di voto a una parte più ampia della popolazione maschile. In Sardegna, le tensioni tra le varie fazioni politiche, in particolare tra i liberali e i socialisti, erano palpabili: Ad alimentare il dibattito politico sull'isola c'era anche il sindacalista e autonomista sardo Attilio Deffenu, giornalista di professione, e fondatore di un gruppo di azione e propaganda antiprotezionista. Nell'Agosto 1913 fu pubblicato su La Voce un documento del gruppo di Deffenu sottoscritto da diversi esponenti intellettuali sardi come professori, sindacalisti, futuri deputati e avvocati di tendenze repubblicane che denunciavano le ragioni dell'immiserimento dell'isola dovuto alle politiche di protezionismo che soffocava l'esportazione di prodotti del settore primario e alimentava il divario economico tra le regioni più ricche (storicamente quelle settentrionali) e quelle più povere (meridione e isole), il tutto a vantaggio di qualche industria nelle regioni più sviluppate[16]. Gramsci, già fortemente influenzato dalle sue esperienze politiche e intellettuali a Torino, osservò con grande interesse le dinamiche elettorali e l'interazione tra i diversi strati della società sarda. Queste elezioni segnarono un'importante occasione per riflettere sulle difficoltà economiche e sociali dell'isola e sulle possibilità di cambiamento politico. Sebbene non fosse ancora direttamente coinvolto in politica, questo periodo contribuì a consolidare la sua visione critica verso le ingiustizie sociali e l'arretratezza delle condizioni dei lavoratori, che sarebbero state al centro del suo futuro impegno politico.

Nell'autunno del 1913 Gramsci rientra a Torino per proseguire gli studi. Al suo rientro, Gramsci soffre di una grave forma di nevrosi che gli impedì di dare esami universitari[17]. Solo nel 1914 Gramsci riuscì a riprendersi ed a dare degli esami universitari che gli permisero il riconoscimento della borsa di studio, e permettergli inoltre di tornare a frequentare gli ambienti rivoluzionari, in particolar modo Angelo Tasca e Palmiro Togliatti ai quali si era aggiunto anche Umberto Terracini. Nel 1914 Gramsci si iscrisse al Partito Socialista Italiano, tuttavia quello fu un periodo molto caldo della politica italiana poiché era scoppiata la Grande Guerra e l'allora dirigente nazionale del partito, Benito Mussolini scrisse un articolo in favore dell'interventismo ma fu cacciato. Anche Gramsci decise di trattare il tema, scrivendo l'articolo Neutralità attiva ed operante che uscì su «Il Grido del Popolo» il 31 ottobre 1914. L'articolo fu considerato molto ambiguo e controverso, e Gramsci fu criticato pesantemente all'interno del partito, venendo accusato di interventismo[18]. L'ultimo esame universitario sostenuto da Gramsci avvenne il 12 aprile 1915 con il professor Cosmo, e da quella data si defilò dagli studi universitari intraprendendo un'altra strada.

Torino era un centro nevralgico del socialismo italiano e delle lotte operaie, e questo influenzò profondamente la sua formazione intellettuale e politica. Egli fu coinvolto nelle discussioni che animavano la scena culturale torinese, sviluppando una coscienza critica sempre più acuta, che lo portò ad abbracciare definitivamente il marxismo. Nonostante le difficoltà, Gramsci riuscì a eccellere negli studi. La sua tenacia e il suo impegno intellettuale gli permisero di superare le sfide materiali e di emergere come una delle figure più brillanti della sua generazione, ponendo le basi per il suo futuro ruolo di leader nel PCI e di teorico di fama internazionale.

Il giornalismo

L'iconico ritratto di Gramsci risalente al periodo tra la fine degli anni '10 e gli inizi degli anni '20.

Nonostante avesse già scritto degli articoli in precedenza, Gramsci debuttò ufficialmente nel giornalismo durante il 13 Novembre 1915, giorno in cui Il Grido del Popolo, una testata giornalistica torinese, pubblica il suo articolo su un incontro in Svizzera dei delegati dei partiti socialisti europei[19][20]. Il Grido del Popolo era un settimanale socialista la cui redazione lavorava presso la sede dell'Alleanza Cooperativa Torinese che comprendeva anche la redazione della sezione torinese dell'Avanti! e la sede della sezione giovanile del Partito Socialista Italiano (PSI). Dopo il debutto, l'attività di Gramsci come giornalista divenne regolare scrivendo per entrambi i giornali e diventando uno dei tre membri della redazione dell'Avanti! assieme a Ottavio Pastore e Leo Galetto, rispettivamente un impiegato delle ferrovie ed un ex-cameriere.

Gramsci poté lavorare e dedicarsi alla sua attività intellettuale e giornalistica del bel mezzo della Grande Guerra a causa delle sue condizioni di salute che lo rendevano non idoneo per l'arruolamento in guerra. Gramsci si rivelò essere un giornalista di successo, inoltre gli articoli che scrisse in questo periodo trattano di politica teorica approfondendo il socialismo ed il marxismo e criticando il riformismo borghese che stava infiltrando il Partito Socialista. Inoltre Gramsci rispondeva alle critiche che i borghesi contemporanei rivolgevano al PSI ed ai suoi militanti, inoltre trattava anche argomenti di attualità (per l'epoca), scrivendo su tutti gli aspetti degli eventi sociali e politici di Torino dimostrandosi un formidabile commentatore. Nel febbraio 1917 Gramsci pubblicò il numero unico del giornale La Città futura rivolto ai giovani, in cui cercava di ispirare e mobilitare i giovani appartenenti alle classi lavoratrici verso un'azione politica consapevole e rivoluzionaria. Il giornale rifletteva il suo impegno per la costruzione di una nuova società socialista, in cui il proletariato sarebbe stato il protagonista del cambiamento storico, e anticipava molte delle tematiche che Gramsci avrebbe poi sviluppato nei suoi celebri "Quaderni del carcere", come l’importanza della cultura e della coscienza di classe[21]. Successivamente seguì le vicende in corso in Russia ed appoggiò sin da subito la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e l'idea di Vladimir Lenin secondo cui, contrariamente alle previsioni di Marx, anche in paesi arretrati come la Russia era possibile effettuare una rivoluzione socialista[22].

Allora Gramsci non si dedicò solo alla politica, scrivendo anche articoli come critico d'arte, interessandosi soprattutto di teatro, poiché lo vedeva come un mezzo per educare le masse. Sottolineava l'importanza di opere che parlassero delle condizioni di vita e delle aspirazioni delle classi lavoratrici, in modo da risvegliare in loro una coscienza politica. Criticava il teatro che si limitava a essere mero intrattenimento borghese, privo di un contenuto sociale significativo. Gramsci nutriva un certo apprezzamento per il teatro dialettale e popolare, perché lo considerava più vicino alla vita reale e capace di parlare in modo più diretto alle persone comuni. Nella sua critica teatrale, Gramsci promuoveva il realismo come stile capace di rappresentare la vita quotidiana delle persone comuni, dei lavoratori e delle loro lotte. Questo realismo era per lui un modo per avvicinare il teatro alle esigenze politiche del tempo[23], portandolo in seguito a scontri con la linea politica promossa da Amadeo Bordiga.

Come critico d'arte, Gramsci dedicò anche attenzione a Luigi Pirandello, uno degli autori teatrali italiani più importanti dell'epoca. Pur riconoscendo il valore artistico delle opere di Pirandello, le giudicava spesso pessimistiche e individualistiche, prive della spinta rivoluzionaria che egli riteneva necessaria per il teatro di allora[24].

La Rivoluzione in Russia

Per approfondire meglio: Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre

Documento che attesta la permanenza di Gramsci in Unione Sovietica (fonte: Rifondazione Comunista)

La Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre, che iniziò con la presa del Palazzo d'Inverno di Pietrogrado da parte dei Bolscevichi, rese la Russia il primo grande paese marxista della storia, dimostrando che la rivoluzione socialista era possibile anche nei paesi più arretrati come appunto la Russia, contrariamente alle previsioni di Karl Marx. Ciò spinse alcuni "marxisti" a condannare la rivoluzione bolscevica in Russia sulla base delle sole previsioni di Marx e successivamente si aggiunsero altre accuse campate in aria da parte di esponenti socialdemocratici che si autodichiaravano marxisti come menscevichi, seguaci di Kautsky ed altre correnti pseudomarxiste simili che spuntavano come funghi in Europa, in Russia, in Nord America e persino in Asia. Nel frattempo la stampa borghese italiana calunniò la Rivoluzione d'Ottobre definendola una rivolta di ubriaconi ed appioppandole altre etichette denigratorie simili.

Gramsci tuttavia non fu dello stesso avviso degli pseudomarxisti e della stampa borghese, e comprese fin da subito la natura rivoluzionaria e autenticamente marxista della Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre: Il 24 novembre 1917 L'Avanti! pubblica l'articolo di Gramsci denominato La Rivoluzione contro il Capitale, che verrà in seguito ripubblicato su Il Grido del Popolo il 5 gennaio 1918. In La Rivoluzione contro il Capitale, Gramsci riflette sulla Rivoluzione d’Ottobre come un evento che, apparentemente, va contro le previsioni di Marx, secondo cui la rivoluzione socialista sarebbe dovuta avvenire nei paesi capitalistici più avanzati. Tuttavia, Gramsci sostenne che la rivoluzione russa non contraddice Il Capitale di Marx, ma dimostra la capacità del marxismo di adattarsi alle circostanze storiche. Lenin e i bolscevichi non hanno atteso passivamente che le condizioni economiche fossero perfette, ma hanno agito con determinazione, dimostrando che la volontà politica può anticipare i processi storici. Gramsci elogia il primato della politica sull'economia, ribaltando il determinismo economico di un certo marxismo ortodosso. La Rivoluzione d’Ottobre, quindi, è un esempio di come l’organizzazione politica e la leadership rivoluzionaria possano forzare il corso della storia, anche in un contesto arretrato come la Russia del 1917[25].

Gramsci si scontrerà presto con Amadeo Bordiga, il cui atteggiamento era simile a quello di Trotskij. Gramsci sottolinea che, nonostante Bordiga partecipasse disciplinatamente ai lavori del partito, la sua opposizione passiva creava un senso di malessere all'interno del partito, minacciando le conquiste della Rivoluzione stessa. Secondo Gramsci infatti, una posizione di frazionismo, come quella di Bordiga, poteva mettere in pericolo l'unità del partito e, di conseguenza, indebolire il processo rivoluzionario. A differenza di Bordiga, Gramsci aderiva fermamente alle posizioni dei bolscevichi e criticava l'atteggiamento di coloro che non riuscivano a comprendere la necessità di un'alleanza tra proletariato e contadini per il successo della rivoluzione[26][27][28].

Il dopoguerra ed il Biennio Rosso

Biennio Rosso: Operai armati occupano le fabbriche. Milano, 1920

Nel 1917, Antonio Gramsci terminò di lavorare presso la redazione dell'Avanti! poiché si stava allontanando dalle idee del Partito Socialista Italiano e si stava avvicinando agli ideali rivoluzionari dei bolscevichi. Fu così che nel dopoguerra, Gramsci si riunì con Tasca, Terracini e Togliatti e decise di fondare con loro la rivista L'Ordine Nuovo il 1º maggio 1919. La rivista trattava temi culturali e politici, diventando presto l'organo dei Consigli di fabbrica grazie alla sua proposta di autogoverno operaio. L'articolo Democrazia operaia, scritto da Gramsci e Togliatti, introdusse in Italia il concetto di dittatura del proletariato[29][30].

La rivista si caratterizzava per pluralismo e apertura, accogliendo intellettuali liberali come Piero Gobetti che trattava la critica teatrale, figure femminili come Teresa Noce e Camilla Ravera e persino figure dannunziane, purché non fossero filo-fasciste[31]. Gramsci contrastava il settarismo di Bordiga, vedendo nei Consigli di fabbrica un embrione di uno Stato operaio, in opposizione alla visione riformista del PSI. Gramsci evidenziò la necessità del PSI di adottare un approccio internazionale, apprezzato anche da Lenin. Tuttavia, Gramsci e Togliatti riconobbero i limiti della rivista, incapace di estendere le sue idee oltre Torino.

Il biennio 1919-1920, chiamato anche Biennio Rosso, è ricordato per le proteste e le insurrezioni che venivano organizzate da dei consigli di fabbrica che nacquero a seguito della povertà dilagante che seguiva la fine della Prima Guerra Mondiale ed erano profondamente ispirate dalla Rivoluzione bolscevica. Sin dall'estate del 1919, L'Ordine Nuovo sostenne i movimenti dei Consigli di fabbrica, che Gramsci considerava un modello sovietico, aperto anche a operai anarchici e non sindacalizzati. Sebbene il II Congresso del Comintern apprezzasse la posizione gramsciana, in Italia ricevette poche adesioni e venne criticata dai socialisti. Il fallimento dell'insurrezione del 1920 mostrò la mancanza di condizioni per una rivoluzione, come riconosciuto in seguito sia da Gramsci che da Bordiga.

Nel frattempo nel 1920 si sviluppò la violenza fascista, sostenuta dalla borghesia e dagli apparati statali monarchico-liberali, le cui squadracce nere agivano con impunità sotto la protezione del governo Giolitti. Vennero distrutte sedi sindacali, assaltati municipi e aggrediti militanti socialisti, spesso con brutalità e omicidi. L'occupazione delle fabbriche di settembre 1920 suscitò un forte movimento operaio, tuttavia il Partito Socialista Italiano ed i sindacati non supportarono tali insurrezioni con forza e si rivelarono quindi incapaci di gestire una situazione potenzialmente rivoluzionaria. Il PSI, ormai scaduto nel riformismo e nell'accettazione del capitalismo, verrà quindi (giustamente) criticato dalle branche più rivoluzionarie del partito per la sua mancanza di analisi postbellica e per la sua incapacità di unire le masse lavoratrici, di collaborare con l'Internazionale Comunista e di creare un'organizzazione rivoluzionaria disciplinata[32].

In questo contesto maturò la nascita del Partito Comunista d'Italia (PCd'I), il 21 gennaio 1921, dopo la scissione della corrente rivoluzionaria dal PSI durante il Congresso del PSI a Livorno. Già a novembre del 1920, le fazioni rivoluzionarie si erano incontrate a Imola per organizzare la rottura. Gramsci, pur avendo avuto un ruolo chiave nell'unificazione delle correnti comuniste, lasciò la guida ad Amadeo Bordiga e rimase in secondo piano durante il Congresso fondativo del PCd'I. Il Comitato Centrale del nuovo partito fu dominato nei primi due anni da esponenti bordighiani, con l'assenza dei quadri operai torinesi, un vuoto che avrebbe avuto ripercussioni negative in futuro[32][33].

La permanenza in Unione Sovietica ed Austria

Julia Šucht, violinista e moglie di Gramsci, conosciuta dal rivoluzionario sardo durante la sua permanenza in Unione Sovietica. Nella foto è con i figli Giuliano e Delio. (Fonte: Corriere della Sera)

Come precedentemente accennato, i primi due anni del Partito Comunista d'Italia vedono come principale esponente del partito Amadeo Bordiga, la cui linea politica è caratterizzata da posizioni estremamente critiche verso la Rivoluzione d'Ottobre e di conseguenza verso Lenin, Stalin e l'Unione Sovietica. In questo periodo storico Gramsci tentò, pur conducendo un’analisi critica della realtà, di evitare di mostrarsi pubblicamente troppo critico verso Bordiga e verrà quindi isolato all'interno del partito. Gramsci sostenne la rottura con il PSI, in contrasto con la politica unitaria richiesta dal III Congresso dell'Internazionale Comunista. Le Tesi di Roma, base del II Congresso del PCd'I, furono considerate schematiche e settarie, ignorando i movimenti di base come gli Arditi del Popolo e l'Alleanza del Lavoro[34].

Le divergenze tra Gramsci e Bordiga, che emergeranno successivamente, si basano principalmente sulla strategia rivoluzionaria e sull'organizzazione del partito. Bordiga, settario e intransigente, rifiutava alleanze con altre forze sociali non proletarie, mentre Gramsci sosteneva un'alleanza tra operai, contadini e intellettuali (il "blocco storico") per realizzare la rivoluzione in Italia. Gramsci criticava Bordiga per l'individualismo ed il rifiuto del Socialismo in un solo paese[26].

Nel 1922, Gramsci venne inviato a Mosca come rappresentante del PCd'I presso il Comintern per il biennio 1922-1923. Lì, partecipò al IV Congresso del Comintern ed incontrò i principali quadri del Partito Comunista Russo (bolscevico) come Lenin e Stalin, riflettendo sulle alleanze politiche e sul settarismo del partito italiano, permettendo così q gramsci di rafforzare le sue critiche a Bordiga. In Unione Sovietica la salute di Gramsci deteriorò, con l'intensificazione dei mali di Gramsci causato dallo stress e dagli sforzi politici. Ciò permise a Gramsci di rimanere ulteriormente a Mosca, grazie anche a Zinovjev che volle che il rivoluzionario italiano fosse ricoverato in un sanatorio alla periferia di Mosca. Nei sei mesi di cure presso il sanatorio, Gramsci conobbe tramite Eugenia Shucht, anch'essa ricoverata nella stessa struttura, la sorella violinista Giulia, con la quale Gramsci instaurò una relazione sentimentale ed ebbe due figli.

Nel frattempo in Italia avvenne la Marcia su Roma con conseguente instaurazione della dittatura fascista di Mussolini, il cui potere dittatoriale e reazionario si fece notare con l'arresto di Bordiga e di Grieco e con l'emanazione di un mandato di arresto per Gramsci. Gramsci fu informato personalmente di ciò dagli stessi militanti del PCd'I, i quali consigliarono a Gramsci di non rimpatriare. Gli arresti e gli internamenti politici del regime fascista sfaldarono il gruppo dirigente del PCd'I e ciò permise al Comintern di riconoscere come sciolto il comitato esecutivo del partito, sostituendolo con un nuovo gruppo dirigente che però venne a sua volta represso dal regime fascista. Questi eventi permisero a Gramsci di guadagnare posizioni più alte all'interno del partito, ma fu anche trasferito a Vienna, in Austria, su decisione del Comintern verso la fine del 1923, con l'obiettivo di poter seguire da vicino la situazione in Italia[35].

La permanenza di Gramsci in Austria avvenne nel periodo che varia dalla fine del 1923 fino al maggio del 1924. L'Austria era un territorio fondamentale per i comunisti italiani poiché tramite l'Austria era possibile seguire da vicino la situazione in Italia ed al contempo avere contatti facilitati con l'Unione Sovietica e gli altri movimenti socialisti d'Europa e del resto del mondo. Nel frattempo Terracini sostituirà Gramsci a Mosca nell'incarico di rappresentante del PCd'I presso il Comintern, tuttavia la permanenza di Gramsci nella capitale austriaca fu caratterizzata da giorni monotoni rinchiusi in un appartamento freddo ed inospitale ed al rammarico per non aver potuto portare con sé Giulia che al momento della partenza per l'Austria del rivoluzionario italiano aspettava un bambino[36]. Mentre in Italia imperversava la repressione fascista, in Unione Sovietica le condizioni di salute di Lenin deteriorarono fino alla sua morte avvenuta il 21 gennaio 1924, e Gramsci venne a sapere sia delle condizioni di Lenin che della lotta tra Stalin, Zinovjev e Kamenev contro Trotskij per la successione al potere dell'Unione Sovietica. La permanenza in Austria permise tuttavia a Gramsci di riflettere sul fallimento del movimento operaio in Italia e sulla differenza tra le tattiche rivoluzionarie intraprese in Europa e su quella intrapresa dai Bolscevichi in Russia e numerosi altri problemi attuali che riguardavano il movimento operaio ed il comunismo in Italia ed in Europa.

Il rientro in patria

Scan della copertina del primo numero de L'Unità, datato 12 Gennaio 1924 (Fonte: Vistanet Cagliari)

Al suo rientro in Italia nel 1924, Antonio Gramsci trovò un contesto politico estremamente difficile: Il fascismo di Benito Mussolini era ormai ben consolidato al potere, con la repressione delle opposizioni politiche che si intensificava. La situazione politica era pericolosa per i militanti antifascisti, in particolar modo i comunisti ed i socialisti. Gramsci, però, era determinato a riorganizzare il partito e a guidarlo in un momento di grandi difficoltà, che oltre alla repressione fascista subiva anche un calo drastico di tesseramenti come conseguenza del bordighismo. Fu eletto deputato al Parlamento italiano nel 1924[37], un ruolo che gli garantì una certa immunità parlamentare, ma non lo mise al sicuro dalle minacce fasciste.

In questo periodo Gramsci lavorò molto per dare al partito una solida base teorica e strategica, contribuendo a ridefinire l'analisi marxista sulla realtà italiana. Nel 1924, fu un periodo di riflessione e di produzione teorica, ma anche di grandi tensioni interne al PCd'I, con discussioni sulla linea da seguire e sulla strategia politica rispetto al fascismo e alla politica italiana. Giunse infatti il momento per Gramsci, forte della sua maturazione ideologica ottenuta in Unione Sovietica, delle sue posizioni interne al partito e di strumenti a sua disposizione come L'Unità (il nuovo quotidiano fondato da Gramsci il 12 febbraio 1924), di sfidare e sconfiggere l'allora linea centrale del PCd'I che era quella bordighista[38].

Nonostante le difficoltà politiche e personali, Gramsci riuscì a dedicarsi a importanti iniziative politiche, come la fondazione e la direzione de L'Unità, fondato il 12 febbraio del 1924, che divenne ben presto la testata ufficiale del Partito Comunista d'Italia (e lo rimase fino allo scioglimento del partito avvenuto nel 1991)[39]. Questo lavoro editoriale lo portò a contatto diretto con le dinamiche del partito e con la costruzione della strategia comunista in Italia. Il nome Unità fu scelto proprio per marcare l'idea di Gramsci che per combattere il regime fascista c'era bisogno di un'aggregazione di forze socialiste in grado di diventare una compatta opposizione al fascismo. Tuttavia, la crescente pressione del regime fascista, che portò alla crisi del delitto Matteotti, rese sempre più difficile l'azione dei comunisti e di tutte le opposizioni. In occasione dello scandalo dovuto al caso Matteotti, l'edizione dell'Unità datata 21 giugno 1924 tuonava con il titolo «Abbasso il governo degli assassini!» voluto da Gramsci stesso[40].

Il congresso di Lione

Rara foto di Amadeo Bordiga, principale avversario di Gramsci all'interno del partito.

Lo scontro tra la linea gramsciana e quella bordighista, che fu il principale scontro interno del PCd'I negli anni '20, raggiunse il suo apice nel 1926, in occasione del III Congresso del PCd'I che si tenne clandestinamente a Lione, in Francia nel gennaio del 1926. I circa 8000 iscritti al partito furono rappresentati al Congresso di Lione da settanta delegati che raggiunsero così Lione (preferita a Vienna per la presenza di esuli comunisti nella città francese) varcando ben undici dogane alpine grazie all'uso di documenti falsi per aggirare i controlli del regime fascista che sorvegliava attentamente i principali dirigenti del PCd'I[41]. Vi aderirono i principali quadri dirigenti del partito: Gramsci, Togliatti, Scoccimarro, Bordiga, Tasca, Grieco, Perrone, Longo, Azzario, ecc...

La discussione principale del congresso si concentrò sul modo in cui il partito avrebbe dovuto affrontare il regime fascista e organizzare la resistenza. Il dibattito principale fu tra le tesi processuali che Gramsci sviluppò assieme a Togliatti (ossia le Tesi di Lione), e le tesi della sinistra bordighista, che contrastarono quelle gramsciste. Le Tesi di Lione di Gramsci criticavano l'approccio settario di Bordiga e proponevano un rinnovamento del partito, enfatizzando la necessità di radicare il PCd'I nella classe operaia italiana e di costruire alleanze più ampie, anche con i contadini, per opporsi al fascismo. Gramsci sosteneva la necessità di un partito capace di comprendere le specificità nazionali e di guidare le masse popolari, un elemento centrale per la costruzione di un movimento rivoluzionario[42]. Le tesi di Bordiga, invece, restavano fedeli a un marxismo più rigido, che rifiutava qualsiasi alleanza con altre forze socialiste e metteva l’accento sulla purezza ideologica del partito, sostenendo che solo una minoranza rivoluzionaria ben organizzata avrebbe potuto guidare il proletariato alla rivoluzione[43].

Alla fine del congresso, le tesi di Gramsci e Togliatti prevalsero nettamente, segnando un cambiamento di direzione del PCd'I verso una strategia più flessibile e radicata nella realtà italiana. Vengono infatti approvate le Tesi di Lione mentre Gramsci fu confermato come Segretario Generale del partito[44] (venendo sostituito nel 1927 da Togliatti a causa dell'arresto di Gramsci che impedì a Gramsci di rimanere in contatto con gli altri esponenti di partito), mentre Bordiga perse la sua posizione di preminenza e nel 1930 verrà pure espulso dal partito perché difese Trotskij. Bordiga ritornerà in politica solo nel secondo dopoguerra quando aderirà (almeno come simpatizzante) al Partito Comunista Internazionalista[45].

1926: crisi sovietica e arresto

Foto segnaletica ad Antonio Gramsci, 1933

Nonostante la vittoria della linea gramsciana al Congresso di Lione, il 1926 sarà comunque un anno molto difficile a causa di un'ulteriore intensificamento della repressione fascista del dissenso e dei partiti all'opposizione nel paese, dovuti anche ai quattro attentati che il Duce Benito Mussolini subì (e sopravvisse) tra il 1925 ed il 1926, come per esempio l'attentato dell'11 settembre 1926 commesso da Gino Lucetti, un esule antifascista italiano che rientrò dalla Francia appositamente per l'attentato al dittatore italiano[46]. Neanche in Unione Sovietica la situazione non era delle più rosee, con la rottura della troika tra Stalin, Zinovjev e Kamenev con questi ultimi che si coalizzano con Trotskij formando una opposizione unificata che minacciava l'unità di partito e che spinse Gramsci a scrivere una lunga lettera di preoccupazioni[47].

Nel 1926, Gramsci scrive al Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, esprimendo preoccupazione per la crisi tra la maggioranza, guidata da Stalin e Bucharin, e la minoranza di Kamenev, Zinoviev e Trotskij. Sostiene la necessità di mantenere l'unità rivoluzionaria per evitare il collasso della Rivoluzione e dello Stato operaio, che avvantaggerebbe l'imperialismo. Gramsci appoggia la maggioranza e critica la minoranza per le sue tendenze socialdemocratiche, chiedendo disciplina per preservare l'egemonia proletaria. Nonostante i suoi appelli, l’opposizione prosegue la sua attività che commetterà in seguito i reati di sabotaggio e spionaggio ai danni dell'Unione Sovietica e viene successivamente isolata e sconfitta[26][47]. La critica gramsciana al Trotskismo sarà una costante anche in alcuni testi che Gramsci scriverà successivamente[26].

In Italia il PCdI, ormai semiclandestino, subì la repressione della polizia ed i più importanti esponenti del partito venivano arrestati uno ad uno: Due corrieri furono fermati ed arrestati a Pisa, e tra il materiale perquisito loro c'erano anche dei documenti che permise alle autorità di ricostruire la rete che portò all'arresto di Umberto Terracini il 12 settembre. Successivamente anche Scoccimarro verrà arrestato[48]. Il PCdI, sconvolto e direttamente colpito da questa intensificazione della repressione fascista, decise quinsi di tentare di spostare il Comitato Centrale del partito in Svizzera, tuttavia l'operazione fallì per incapacità logistiche varie[49]. A seguito del quarto attentato a Mussolini avvenuto il 31 ottobre 1926 ad opera del quindicenne Anteo Zamboni, il regime fece chiudere anche diversi giornali come anche L'Unità.

Gramsci godeva dell'immunità parlamentare ed era convinto che essa gli avrebbe garantito la libertà, sottovalutando però le autorità che non si fecero problemi nell'ignorare dei privilegi che Gramsci godeva in quanto deputato. Gramsci verrà quindi arrestato illegalmente da uno dei tanti abusi di potere del regime fascista assieme ad altri parlamentari del gruppo comunista la sera dell'8 novembre 1926, a seguito di una riunione con altri deputati a cui Gramsci aderì[50]. Gramsci fu recluso a Regina Coeli, dove vi rimase per due settimane, successivamente fu confinato ad Ustica dove rimase per quarantaquattro giorni, incontrando altri antifascisti internati come il repubblicano sardo Emilio Lussu ed il già citato Amadeo Bordiga, con il quale organizzò delle scuole di partito per i carcerati, come ricorda Bordiga nelle sue memorie[51].

Nel mese di gennaio 1927 fu ordinato il trasferimento di Gramsci nel carcere milanese di San Vittore, in un viaggio che durerà diciannove giorni ed a cui Gramsci fu sottoposto a condizioni atroci, venendo incatenato e tenuto al freddo. Le condizioni pietose a cui Gramsci fu sottoposto durante il trasferimento a Milano gli costò un deterioramento della sua già precaria salute. Durante la prigionia di Antonio Gramsci nelle carceri fasciste, i sovietici non lo abbandonarono mai. Come rivelato dal nipote di Gramsci, Antonio Gramsci Jr., nel suo libro La Russia di mio nonno, i leader sovietici fornirono regolarmente fondi alla cognata di Gramsci, Tatiana Šucht, per coprire i bisogni materiali e permetterle di prendersi cura di lui[52]. Inoltre, tentarono di negoziare uno scambio di prigionieri con i fascisti, ma le trattative non ebbero successo. In Francia, i comunisti Vaillant-Couturier e Barbusse organizzarono un Comitato per la libertà di Gramsci, sostenuto dall'Internazionale e dall'URSS[26].

L'isolamento in prigione e la morte

Scan de Il Grido del Popolo che riporta la morte di Gramsci, 1937

Con l'arresto di Gramsci avvenuta nel 1926 termina l'attività politica e comincia la sua vita da detenuto che lo allontana da ogni possibilità di gestione delle vicende del PCdI. Ciò è dovuto al fatto che il PCdI evitava di scrivere e di mandare lettere contenenti preziose informazioni ai dirigenti in carcere per evitare che anche i membri "liberi" di partito venissero sorpresi dalle autorità fasciste le quali non avrebbero tollerato uno scambio di informazioni simile ed avrebbe proceduto inevitabilmente con la repressione e l'arresto. Ciononostante Ruggiero Grieco scrisse tuttavia una lettera che Gramsci ricevette nel marzo 1928 mentre scontava la sua pena a San Vittore.

Il 28 maggio 1928 un Tribunale speciale di Roma si svolse un processo ai danni di Gramsci, la cui sentezza, datata 4 giugno, condannò il rivoluzionario sardo, assieme a Terracini e Scoccimarro, a pene detentive spietate. Quel tribunale speciale condannò altri parlamentari eletti democraticamente come Gino Alfani, Giovanni Roveda, Igino Borin, Enrico Ferrari, Ezio Riboldi, ecc...[53] In origine, Gramsci doveva essere internato a Portolongone (oggi Porto Azzurro, sull'Isola d'Elba), però a causa delle condizioni di salute precarie del rivoluzionario sardo, alla fine fu confinato a Turi per scontare la pena di 20 anni che gli fu inflitta.

All'inizio di febbraio del 1929, a Gramsci fu permesso di scrivere, permettendogli così di dedicarsi a un lavoro di elaborazione concettuale seguendo un piano già stabilito. Gli venne fornito il materiale necessario per avviare la stesura di quelli che sarebbero diventati i Quaderni del carcere[54]. Alcuni studiosi hanno cercato di dipingere Gramsci nel periodo della detenzione in carcere come un antistalinista e un precursore della "via italiana al socialismo", strumentalizzando i suoi silenzi e episodi della sua vita in carcere. Tuttavia, è scorretto contrapporre un Gramsci rivoluzionario a uno liberaldemocratico; ciò rappresenta una distorsione della sua figura[55].

Nel 1934 ci fu un nuovo tentativo di liberare Gramsci, che coinvolse le diplomazie italiana e sovietica. I negoziati si basavano sul fatto che Gramsci, sposato con Giulia Schucht e padre di due figli sovietici, potesse essere rilasciato in cambio dell'espatrio di una prigioniera russa, ma anche questa iniziativa fallì[56]. Il 25 ottobre 1934 Gramsci ottenne la libertà condizionata e fu ricoverato prima a Formia e poi, dal 24 agosto 1935, alla clinica Quisisana di Roma. Durante questo periodo, nonostante la salute compromessa, continuava a leggere e ad informarsi, ma non aveva più la forza per scrivere. Assicurato dal sostegno della cognata Tatiana Šucht e dalle visite di Piero Sraffa, manifestò l'intenzione di trasferirsi in URSS una volta libero, previsto per il 20 aprile 1937[57].

Tuttavia, il 25 aprile 1937, proprio quando sarebbero state revocate le misure di detenzione, Gramsci fu colpito da un'emorragia cerebrale, rimanendo semiparalizzato. Morì il 27 aprile 1937, assistito dalla cognata, che riuscì a mettere in salvo i Quaderni portandoli all'ambasciata sovietica. Il funerale si svolse il giorno seguente sotto la pioggia, e le sue ceneri furono collocate al Cimitero acattolico di Roma.

Gramsci va valutato sia per la sua azione politica prima dell'arresto che per gli scritti dei Quaderni del carcere, collegabili alla sua riflessione dopo il congresso di Lione. Questo approccio mira a superare l'agiografia, distinguendo tra il Gramsci politico e quello intellettuale, concentrandoci sul Gramsci fondatore e direttore de L'Ordine Nuovo, critico del bordighismo e attento a ridefinire la strategia della rivoluzione comunista dopo le sconfitte degli anni '20. Ciò permette di comprendere il suo impatto sul gruppo dirigente del PCI e di collocare la sua opera nel contesto storico. Il Gramsci dei Quaderni mostra due dimensioni: da un lato continua le riflessioni iniziate con L'Ordine Nuovo, dall'altro si adatta alla nuova realtà della detenzione, in cui privilegia lo studio e la vita familiare, allontanandosi dal ruolo di dirigente attivo. La sua scelta di dedicarsi a queste nuove prospettive va interpretata come una risposta alla condizione di prigionia, e non solo come una conseguenza delle limitazioni imposte dal carcere. Questo approccio mira a comprendere il ruolo di Gramsci nella storia del comunismo italiano in modo più accurato e rispettoso[55].

Pensiero

Antonio Gramsci, una delle figure più influenti del marxismo italiano ed occidentale, sviluppò un pensiero complesso e articolato che si estendeva su numerose questioni politiche, filosofiche e culturali. Il suo contributo principale al marxismo risiede nella teoria dell’egemonia culturale, una comprensione innovativa del potere e della sovrastruttura che lo distinse sia dai suoi contemporanei che dalle successive generazioni di pensatori marxisti. Analizzando i testi che hai inviato, possiamo delineare alcune delle sue posizioni più significative, incluse le sue critiche alle deviazioni ideologiche nel movimento comunista internazionale, in particolare verso il trotskismo, e la sua comprensione delle dinamiche tra il proletariato e le altre classi sociali.

L'egemonia culturale

Uno dei pilastri del pensiero gramsciano è la teoria dell'egemonia, che introduce una visione molto più ampia della lotta di classe rispetto alla riduzione economica tipica del marxismo classico. Gramsci, infatti, sosteneva che per mantenere il controllo, la classe dominante non doveva solo esercitare potere economico e coercitivo, ma anche creare un consenso attraverso la cultura, le istituzioni e l’educazione. Questo concetto divenne centrale per il pensiero marxista occidentale, soprattutto nel contesto della sua riflessione sul blocco storico, che rappresenta l’alleanza tra diverse classi sociali, come operai, contadini e intellettuali. In questo senso, Gramsci teorizzava la necessità di una rivoluzione culturale che andasse di pari passo con quella politica ed economica​[58][26].

Critica a Trotskij e il Rifiuto della "Rivoluzione Permanente"

Un aspetto cruciale del pensiero di Gramsci è la sua critica al trotskismo e, in particolare, alla teoria della "rivoluzione permanente" di Trotskij. Nei suoi scritti e lettere, Gramsci affermò con chiarezza la sua adesione alle posizioni della maggioranza del Comitato Centrale del Partito Comunista Sovietico, guidato da Stalin. Trotskij, secondo Gramsci, era una figura che, pur avendo contribuito alla rivoluzione, si era distaccata dal gruppo dirigente bolscevico e aveva assunto posizioni pericolose per l'unità del partito e della rivoluzione stessa.

Nel 1924, Gramsci criticò apertamente le posizioni di Trotskij, soprattutto riguardo alla sua visione della rivoluzione come un processo continuo che doveva estendersi a livello internazionale. Gramsci riteneva che questa posizione fosse irrealistica e in contrasto con la necessità di costruire il socialismo all'interno dell'Unione Sovietica, senza attendere la vittoria delle rivoluzioni in altri paesi. Inoltre, Gramsci sottolineava l'importanza dell'alleanza tra proletariato e contadini, in opposizione alla diffidenza che Trotskij mostrava verso le masse contadine​[58][26].

Nel suo famoso intervento alla Conferenza di Como del 1924, Gramsci paragonò l'atteggiamento di Trotskij a quello di Bordiga, rilevando come la loro opposizione passiva e frazionistica rappresentasse un pericolo per la rivoluzione. In altre occasioni, Gramsci continuò a criticare la strategia politica di Trotskij, considerandola inadeguata per la situazione europea e più adatta a contesti meno sviluppati, come quelli orientali[58][26].

Gramsci e il bolscevismo

Un altro punto centrale del pensiero di Gramsci era la sua adesione alla linea bolscevica del Partito Comunista Sovietico. Nei suoi scritti, Gramsci esprimeva costantemente la necessità di mantenere l'unità del partito e di combattere le tendenze frazionistiche che rischiavano di indebolirlo. In particolare, Gramsci difese con forza la decisione della maggioranza del partito sovietico di reprimere l'opposizione trotskista e zinovievista, sottolineando che l'unità del partito era fondamentale per il successo della rivoluzione socialista.

Gramsci, infatti, considerava la divisione all'interno del partito un rischio enorme, che avrebbe potuto facilitare la vittoria delle forze controrivoluzionarie e l’intervento imperialista. Nei suoi scritti dal carcere, Gramsci si soffermò più volte su questo punto, mettendo in guardia contro le deviazioni ideologiche che avrebbero potuto minare la costruzione del socialismo​[58][26].

Il Blocco Storico e l'Alleanza di Classe

Un altro elemento centrale della teoria gramsciana è la sua concezione del blocco storico, che rappresenta l'alleanza necessaria tra diverse classi sociali, in particolare tra proletariato e contadini. Gramsci riteneva che per una rivoluzione socialista di successo fosse essenziale costruire un'alleanza ampia, capace di includere non solo gli operai, ma anche le masse contadine e gli intellettuali. Questa concezione si opponeva in modo diretto alla sfiducia di Trotskij nei confronti dei contadini, e alla sua enfasi esclusiva sulla classe operaia industriale.

Nel contesto italiano, Gramsci era ben consapevole del ruolo cruciale che i contadini avrebbero giocato in una possibile rivoluzione. Questa comprensione derivava anche dalla sua esperienza politica in Italia, dove vide come le rivolte contadine e operaie venissero duramente represse dalla borghesia[58].

Critica alla Modernità Capitalista

Gramsci criticò fortemente l’americanismo e il fordismo, forme di modernità capitalista che cercavano di razionalizzare la produzione attraverso la disciplina e l'efficienza. Nei suoi "Quaderni del carcere", affrontò il tema della razionalizzazione della produzione e del lavoro, criticando l’applicazione forzata di questi modelli. In questo senso, Gramsci si oppose a ciò che definiva come una coercizione di tipo militare nel contesto lavorativo, sostenendo invece la necessità di un’organizzazione del lavoro che fosse fondata sulla partecipazione attiva delle masse[58].

Futurismo e socialismo

Il futurismo fu una corrente artistica, culturale e letteraria che si originò in Italia all'inizio del XX secolo ed ebbe come maggiore esponente Filippo Tommaso Marinetti. Il futurismo celebrava la modernità, la velocità, la tecnologia, le macchine e il dinamismo della vita urbana, ma rifiutava il passato e le tradizioni. Gramsci ebbe un rapporto complesso con il futurismo. Inizialmente critico verso questo movimento artistico, Gramsci ne riconobbe però alcuni aspetti positivi e cercò un dialogo, soprattutto per quanto riguarda l'unione tra rivoluzione artistica e rivoluzione sociale.

Gramsci era critico verso il futurismo per il suo carattere individualista e violento, che associava a posizioni borghesi e interventiste. Considerava il futurismo, specialmente nella sua fase iniziale, come un movimento che mancava di una solida base sociale e politica, incapace di creare una vera connessione con le masse proletarie. Inoltre, il futurismo sembrava concentrarsi su un'estetica della distruzione e della violenza, senza un progetto politico concreto.

Nonostante le critiche, Gramsci si rese conto che il futurismo poteva offrire un contributo rilevante alla cultura rivoluzionaria. Vide in alcuni elementi del futurismo, specialmente nella sua ribellione contro le convenzioni borghesi e nella ricerca di un'espressione artistica nuova, un potenziale da canalizzare verso fini socialisti. Gramsci era interessato a integrare le forze culturali d'avanguardia, come il futurismo, all'interno di un progetto più ampio di rivoluzione culturale e sociale. In particolare, Gramsci apprezzava il tentativo del futurismo di rompere con il passato e creare una nuova estetica, che poteva servire da ispirazione per un'arte proletaria e rivoluzionaria. Egli vide possibilità di collaborazione tra intellettuali e artisti futuristi e il movimento comunista, specialmente nelle esperienze del Proletkult (movimento culturale proletario) di Torino, dove i futuristi parteciparono attivamente a mostre e iniziative culturali a fianco dei lavoratori.

Anche se Gramsci manteneva delle riserve su alcune posizioni di Filippo Tommaso Marinetti, leader del futurismo, egli riconosceva che Marinetti aveva intuito l'importanza della collaborazione tra lavoratori e artisti. Gramsci scrisse anche a Trotskij, informandolo delle iniziative di collaborazione culturale con i futuristi a Torino e del coinvolgimento di Marinetti in alcune di queste attività. La sua opinione si ammorbidì dunque rispetto all'inizio, vedendo nei futuristi un'interlocuzione utile per il progetto comunista[59].

Scienza ed Innovazione

Gramsci, non essendo uno scenziato, non scrisse molto direttamente sulla scienza o sulla tecnologia, ma dalle sue opere emerge una visione complessa e critica dell'innovazione e del ruolo della scienza nella società. Gramsci vedeva la scienza come un prodotto sociale, parte integrante del processo storico, legata allo sviluppo economico e culturale di una società. Non considerava la scienza neutrale o indipendente dalle strutture di potere e dalle dinamiche di classe, ma piuttosto come qualcosa che rifletteva gli interessi dominanti, particolarmente quelli della borghesia.

Gramsci inserisce la scienza nella categoria della "sovrastruttura", ovvero quell'insieme di ideologie, credenze e istituzioni che sono in parte determinate dalle condizioni materiali della società. Ciò significa che per Gramsci la scienza non è mai completamente oggettiva o distaccata, ma è influenzata dalle condizioni storiche e dalle classi sociali che dominano la produzione economica. Rivelò anche critiche al positivismo, ossia l'idea che la scienza sia l'unico mezzo valido per ottenere conoscenza. Grmasci affermava che il positivismo riduce l'uomo e la società a semplici dati, ignorando il ruolo della dialettica, della storia e dei rapporti sociali.

Gramsci riconosceva l'importanza dell'innovazione tecnologica e scientifica, ma riteneva che queste non potessero da sole portare a un cambiamento sociale positivo. Il progresso tecnico doveva essere accompagnato da un cambiamento politico e culturale. Senza un cambiamento nelle condizioni di potere e nelle relazioni sociali, l'innovazione scientifica rischiava di essere utilizzata per mantenere e rafforzare il dominio della classe borghese.

Gramsci era un forte sostenitore dell'importanza dell'educazione tecnica e della formazione delle masse. Credeva che l'istruzione scientifica e tecnica fosse fondamentale per la classe operaia, non solo per partecipare all'economia moderna, ma anche per sviluppare una comprensione critica della realtà sociale e per trasformarla. L'educazione tecnica poteva quindi diventare uno strumento di emancipazione[60].

Questione meridionale

Gramsci si è anche occupato del divario economico tra le regioni del Nord Italia con quelle del Mezzogiorno, trattando l'argomento già durante la sua attività politica nel PCdI ma soprattutto in carcere scrivendo Alcuni temi della questione meridionale probabilmente nel 1935.

Gramsci affronta la *questione meridionale* come un problema centrale dell'Italia postunitaria, riconducendo le sue radici non solo alla povertà economica, ma anche alla complessa relazione tra il Nord industriale e il Sud agricolo. Egli sostiene che la *questione meridionale* non sia un semplice problema di arretratezza economica, bensì una questione politica e sociale profondamente legata al rapporto di sfruttamento e dipendenza tra le classi dominanti del Nord e le masse contadine del Sud. Secondo Gramsci, i governi e le élite del Nord, in alleanza con i proprietari terrieri meridionali, hanno mantenuto il Mezzogiorno in condizioni di arretratezza, usandolo come serbatoio di forza lavoro e risorse economiche a favore dell’industria settentrionale. Questa situazione ha creato una divisione tra la *classe operaia settentrionale* e le *masse contadine meridionali*, impedendo l’unità del proletariato italiano.

Per superare questa divisione, Gramsci sostiene la necessità di un’alleanza tra operai e contadini, guidata dal Partito Comunista, come unico modo per risolvere la questione meridionale e promuovere una vera trasformazione sociale. Le analisi di Gramsci sul divario economico in Italia sono ancora attuali, poiché l'Italia post-fascista non ha saputo risolvere la situazione ritrovandoci al giorno d'oggi con la medesima situazione che Gramsci denunciava oltre novanta anni fa[61][62].

Teatro e musica

Gramsci, appassionato di teatro e musica, considerava il melodramma “verdiano” un'arte popolare che apriva i teatri al pubblico, svolgendo una funzione educativa e politica. Per lui, i teatri rappresentavano uno spazio di conflitto politico. Ironizzava sull'importanza dell'opera in Italia, affermando che, poiché il popolo non leggeva letteratura, “melodrammatizzava” ispirandosi ai libretti ottocenteschi. Inoltre, nelle sue lettere, Gramsci notava come il jazz avesse conquistato un’ampia parte dell’intellettualità europea, generando una sorta di fanatismo[63].

Gramsci e l'Esperanto

Gramsci mostrò interesse verso l'Esperanto, ossia la lingua artificiale di Ludwik Lejzer Zamenhof. Ciò che Gramsci apprezzò dell'esperanto fu l'idea di una lingua veicolare artificiale il cui studio fosse semplice che avrebbe facilitato il dialogo tra persone di diverse lingue e culture.

Gramsci tuttavia si mostrò molto critico verso i principali movimenti esperantisti della sua epoca, che spinsero Gramsci a vedere l'Esperanto come un progetto utopico, promosso da gruppi cosmopolitici e borghesi più interessati a questioni superficiali di comunicazione immediata (ad esempio, nei congressi internazionali), piuttosto che a risolvere le vere questioni politiche ed economiche che stavano alla base delle divisioni internazionali. Il suo scetticismo riguardava il fatto che l'Esperanto, diffuso solo in ambiti ristretti e poco accessibili, rischiava di rimanere una lingua di nicchia, incapace di incidere realmente sul processo di trasformazione sociale. Gramsci tuttvia riteneva che spontaneamente l'esperanto poteva emergere come lingua internazionale, attraverso i cambiamenti sociali e politici che porterebbero all'internazionalismo e a un livellamento naturale delle differenze linguistiche[64].

Opere

A differenza di altri grandi teorici marxisti-leninisti come Vladimir Lenin e Iosif Stalin, Non esistono raccolte di opere complete di Gramsci, anche perché non tutte le opere e le lettere scritte dal rivoluzionario sardo sono state ritrovate, ed alcuni testi sono stati ritrovati addirittura decenni dopo la caduta del regime fascista, arrivando pure a nuove scoperte risalenti al XXI secolo come dimostrato dall'articolo Gramsci tradito? nuovi indizi dietro Togliatti pubblicato dal Corriere della Sera nel 2003[65].

Molte opere di Gramsci risalenti al periodo dal 1910 fino all'anno del suo arresto avvenuto nel 1926 sono stampate e raccolte dall'Istituto dell'Enciclopedia Italiana (Istituto Treccani), mentre gli scritti e le opere dal carcere (Lettere e Quaderni) sono state raccolte da Einaudi. Gli Editori Riuniti di Roma ed Il Saggiatore di Milano hanno invece pubblicato le Antologie di Gramsci. Su internet gli articoli di Gramsci sono stati pubblicati e raccolti da diversi blog, forum e siti ufficiali, tra i più forniti (in lingua italiana) ci sono La Città Futura, il Gramscian Net Project, Quinterna, Quaderni dal Carcere (wordpress), ma si possono trovare articoli di Gramsci ripubblicati anche su Associazione Stalin, Marxists Internet Archive ed i siti ufficiali del (nuovo) PCI e del Socialismo Italico.

I Quaderni Del Carcere

Una delle più importanti opere di Gramsci sono i Quaderni del Carcere, poiché il rivoluzionario sardo, nel periodo in cui era in prigione, scriveva ed annotava su dei quaderni le sue opinioni, spesso utilizzando dei linguaggi in codice per eludere i controlli delle guardie fasciste come per esempio l'italianizzazione dei nomi di Lev Trotskij e di Iosif Stalin in Leone Davidovi e Giuseppe Bessarione[26]. Gramsci affrontò nei Quaderni del Carcere una vasta gamma di temi filosofici, politici, culturali e storici, elaborati durante la sua prigionia sotto il regime fascista. L'opera, scritta tra il 1929 e il 1935, rappresenta una riflessione critica sulla società, sulle strutture di potere e sui processi di trasformazione sociale.

I Quaderni del Carcere, assieme ad altre opere scritte di Gramsci durante gli anni bui del carcere, dimostrano un abbandono dell'impegno politico da parte del rivoluzionario sardo che preferì occuparsi di questioni più moderate, come appunto riflessioni filosofiche e culturali. Ciò è dovuto principalmente ad una situazione sfavorevole per Gramsci che gli impedì di trattare troppe questioni politiche e lo costrinsero a moderarsi politicamente, però questo non significa che la politica sia esclusa dai testi di Gramsci in carcere, anzi, fu proprio in carcere che Gramsci trattò nuovamente il tema del trotskismo[26].

I Quaderni del Carcere sono una raccolta di quaderni scritti da Gramsci nel periodo dal 1929 al 1935 che furono stampati ed editi in diverse edizioni da Einaudi. E' possibile leggere l'opera distribuita su Internet Archive.

Bibliografia

  • Angelo D'Orsi, Gramsci. Una nuova biografia, 2ª ed., Milano, Feltrinelli, 2019 [2017].
  • Giuseppe Fiori, Vita di Antonio Gramsci, 1ª ed., Bari, Laterza, 1995 [1966].
  • Guido Davico Bonino, Gramsci e il teatro, 1ª ed., Torino, Einaudi, 1972.
  • José Antonio Egido: Gramsci Rifiutò le idee di Trotskij - Xitsoft.it
  • Mario Pendinelli (a cura di), Umberto Terracini – Quando diventammo comunisti, Milano, Rizzoli, 1981
  • Palmiro Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano nel 1923-1924, Roma, Editori Riuniti, 1974
  • Giorgio Amendola, Storia del Partito comunista italiano 1921-1943, Roma, Editori Riuniti, 1978.
  • Paolo Spriano, Storia del Partito comunista italiano, Torino, Einaudi, 1976 (due libri)
  • Paolo Spriano, I lavori del III congresso del PCI, in Storia del Partito comunista italiano, vol. 1 Da Bordiga a Gramsci, Torino, Einaudi, 1973.
  • Giorgio Galli, Storia del PCI, Milano, Bompiani, 1977.

Note

  1. http://www.instoria.it/home/isolamento_carcerario_gramsci.htm
  2. D'Orsi, pp. 22, 23 e 25-26.
  3. Fiori, pag.13
  4. D'orsi, pp. 27-28
  5. Fiori, pag. 18
  6. D'orsi, pp. 34-35
  7. Fiori, pp. 19-20
  8. D'orsi pp. 49-51
  9. Antonio Gramsci (1906): ''A proposito d'una rivoluzione, L'Unione Sarda. E' consultabile una trascrizione dell'articolo al seguente collegamento: Il primo articolo di Gramsci - Carlofigari.it
  10. Fiori, pp. 55-56
  11. Fiori, pp. 65 e 70-71
  12. Aldo Agosti, Palmiro Togliatti, Torino, UTET, 1996. Ne parla anche Fiori nel libro biografico su Gramsci.
  13. D'Orsi, pp. 72-73
  14. Fiori, pag. 82
  15. Fiori, pp. 85-87
  16. Fiori, pp. 97-98
  17. Fiori, pp. 102-103
  18. Antonio Gramsci (1914): Neutralità attiva ed operante - Gramscian Net Project (articolo in italiano, sito in inglese)
  19. Fiori, pag. 115
  20. Antonio Gramsci (1915): Dopo il congresso socialista spagnuolo - Gramscian Net Project (articolo in italiano, sito in inglese)
  21. Antonio Gramsci (1917): La Città Futura - Marxists Internet Archive
  22. Antonio Gramsci (1917): La Rivoluzione contro il capitale - Marxists Internet Archive
  23. Bonino
  24. Bonino, pp.81 e seg.
  25. Antonio Gramsci (1917): La Rivoluzione contro il Capitale - Marxists Internet Archive
  26. 26,00 26,01 26,02 26,03 26,04 26,05 26,06 26,07 26,08 26,09 26,10 Egido (vedi bibliografia)
  27. Antonio Gramsci: Né fascismo né liberalismo: Sovietismo! - Marxismo-Leninismo Forumfree (Articolo de L'Unità, 7 ottobre 1924)
  28. Il capitalismo ti dà il superfluo. Il socialismo il necessario - Marxismo-Leninismo Forumfree (Articolo de La Riscossa del 2 aprile 2020)
  29. Fiori, pp. 137-145
  30. Antonio Gramsci & Palmiro Togliatti (1919): Democrazia Operaia - Marxists Internet Archive
  31. Terracini, pp.47-51
  32. 32,0 32,1 Amendola
  33. Togliatti, 1974
  34. Amendola, pp. 56-58.
  35. Fiori, pp. 180-191.
  36. Fiori, pp. 191-192.
  37. Galli, pag. 89
  38. Antonio Gramsci: Puntini sulle "I" - Quinterna.org (pubblicato originariamente sull'Unità il 22 Luglio 1925), citato in Egido.
  39. L'Unità, Anno 1 Numero 1, 12 febbraio 1924, consultabile su L'Unità (Anno 1924) - Archivi Pci (pag.1)
  40. L'Unità, Anno 1 Numero 111, 20 giugno 1924, consultabile su L'Unità (Anno 1924) - Archivi Pci (pag.472)
  41. Spriano 1976, (1), pag. 498
  42. Antonio Gramsci (1926): Tesi del III Congresso del Partito Comunista d'Italia - Marxists Internet Archive, citato in Egido.
  43. Amadeo Bordiga (1926): Intervento di Bordiga alla Commissione politica per il congresso di Lione - Quinterna.org
  44. Spriano 1973, p. 511.
  45. Amedeo Bordiga - PCInt [PDF]
  46. Riccardo Lucetti: Gino Lucetti, l'attentato contro il Duce, 11 settembre 1926, Edizioni della Cooperativa Tipolitografica di Carrara, Carrara 2000
  47. 47,0 47,1 Antonio Gramsci (1926): Lettera al Comitato Centrale del Partito comunista sovietico - Associazione Stalin, citato in Egido.
  48. Galli, pp. 132-133.
  49. Amendola, pp. 114-115
  50. Fiori, pag. 254
  51. Memorie di Bordiga
  52. Antonio Gramsci Jr.: La Russia di mio nonno, citato in Egido.
  53. Le sentenze del Tribunale speciale fascista - ANPI (archiviato)
  54. Fiori, pp. 270-272
  55. 55,0 55,1 Gramsci, Fuori dall'agiografia e dalle strumentalizzazioni - Associazione Stalin
  56. Paolo Spriano, Valentino Gerratana: L'ultima ricerca, l'Unità, 1988
  57. Paolo Spriano: Gramsci in carcere e il partito, Roma, Editori Riuniti, 1977
  58. 58,0 58,1 58,2 58,3 58,4 58,5 Gramsci il bolscevico - MarxismoLeninismo Forumfree (fonte: AuroraProletaria)
  59. Futurismo Proletario - Socialismo Italico
  60. Emilio Sereni: Gramsci e la scienza d’avanguardia - Marxismo-Leninismo Forumfree
  61. Antonio Gramsci (1926): Alcuni temi della questione meridionale - (nuovo) Partito Comunista Italiano
  62. Antonio Gramsci: La Questione Meridionale, a cura di Franco De Felice e Valentino Parlato, Roma, Editori Riuniti, 1966
  63. Gramsci e la Musica - Palomar
  64. Antonio Gramsci (1918): La Lingua Unica e l'Esperanto - Xitsoft
  65. Gramsci tradito? nuovi indizi dietro Togliatti, su Il corriere della Sera del 17 luglio 2003