Gerolamo Cardano

Girolamo Cardano (Pavia, 24 settembre 1501 - Roma, 21 settembre 1576) è stata una figura poliedrica del rinascimento italiano vissuta in un' epoca in cui il sapere tradizionale si confrontava con le nuove frontiere della conoscenza. Medico, matematico, filosofo e inventore, la sua esistenza fu segnata da avventure intellettuali e drammi personali, che tuttavia non gli impedirono di distinguersi in diversi campi, lasciando alla posterità contributi fondamentali per lo sviluppo della scienza moderna. Nato in un'Italia divisa tra guerre e fermenti culturali, Cardano visse un'esistenza segnata da straordinari successi e drammi personali: dalla fama internazionale come medico alla condanna del figlio, dalle brillanti scoperte matematiche all'accusa di eresia. Delle circa duecento opere che compongono la sua produzione enciclopedica (in gran parte perdute per mano dell'Inquisizione), emergono in particolare il De Subtilitate e l'Ars Magna, testimonianze di un pensiero capace di coniugare precisione scientifica e universale curiosità. L'autobiografia (De propria vita), a sua volta, rappresenta uno dei più vividi autoritratti dell'Umanesimo.
Biografia
Gerolamo Cardano nacque a Pavia, allora parte del Ducato di Milano, in un'Italia dilaniata da conflitti interni e occupata da soldati stranieri, un contesto già di per sé turbolento. A peggiorare la situazione vi erano le circostanze familiari: Cardano riteneva di essere venuto al mondo in una condizione svantaggiata, poiché sia il padre che la madre, legati da una relazione di convivenza malvista dalla società, avevano tenuto nascosta la sua nascita, considerandola illegittima e vergognosa.
I primi anni della sua vita furono segnati da difficoltà: fino all’età di otto anni fu tormentato da malattie e disgrazie, e solo in seguito, con l’allargamento della famiglia[1], le condizioni migliorarono. Sotto la guida del padre, Fazio, ricevette un’educazione rigida, incentrata sui rudimenti del latino, della matematica e dell’astrologia, quest’ultima appresa attraverso le opere dell’arabo Al-Kindi. Il padre, che Cardano considerava superiore ai suoi contemporanei in questa disciplina, lo avvicinò anche all’occultismo, istruendolo con racconti di miracoli e demoni, veri o inventati, e perfezionando la sua dialettica al punto da permettergli di insegnarla ad altri ragazzi prima ancora di frequentare l’università[2].
A diciassette anni, stanco della rigidità paterna che arrivava anche a comportarsi in maniera violenta con la madre, Cardano finse di voler entrare nel convento dei francescani mendicanti. Poco dopo, si iscrisse al ginnasio e poi all’Università di Pavia, dove faticò ad apprendere i fondamenti del latino, della grammatica e della dialettica, mentre la peste involò suo padre.
Fu in questo periodo che Cardano si dedicò con fervore alla matematica, alla medicina e alla filosofia, arrivando a tenere pubbliche dispute già a ventuno anni e insegnando Euclide con un metodo non ortodosso. Trasferitosi poi all’Università di Padova, fu eletto rettore dagli studenti, ma la morte del padre lo precipitò in una grave povertà, limitando le sue possibilità di studiare. La morte del padre, tuttavia, segnò una svolta: confrontandosi per la prima volta con la morte in modo diretto, maturò una profonda angoscia esistenziale e la determinazione a rendere la sua vita gloriosa, per lasciare un’impronta nella memoria degli uomini ed evitare rimpianti al momento del trapasso.
A ventiquattro anni, concluso questo primo ciclo della sua esistenza, Cardano si laureò. A causa delle guerre civili e della peste che infuriavano a Pavia e Milano, si trasferì a Pieve di Sacco, esercitando la medicina in clandestinità con ottimi risultati, riuscendo così a mantenere la famiglia.
La seconda fase della sua vita non fu meno travagliata: il Collegio dei Medici di Milano lo osteggiò apertamente, arrivando a escluderlo dalle sue fila. Costretto a trasferirsi a Gallarate, visse per alcuni anni con la madre, iniziando un periodo di instabilità segnato da continui spostamenti tra diverse città, dettati soprattutto dalla povertà. Già provato dalle difficoltà economiche sin dalla gioventù, aggravate dal crollo della casa natale e dalla guerra, Cardano cadde nel vizio del gioco d’azzardo, che praticò per venticinque anni, perdendo denaro, tempo e reputazione. Nella sua Autobiografia, ammise di provare imbarazzo per questa abitudine, ma la giustificò come una risposta alle avversità: ingiurie, miseria, disprezzo, salute cagionevole e, non ultima, la disoccupazione immeritata che gli era stata inflitta[3].
La povertà ebbe fine solo quando fu nominato con l'aiuto di Filippo Archinto, professore di matematica a Milano. Abbandonò il gioco, comprendendo che non era una passione ma una fuga dalle difficoltà. Sebbene mantenesse interesse per temi come gli scacchi, da allora si dedicò a studi più legati all’ambiente accademico.
Dopo due anni a Milano, si stabilì a Piacenza e nel 1543 fece ritorno nella città meneghina, vivendo tra questa e Pavia per sette anni. Uno degli episodi più tragici di questo periodo fu l’accusa di avvelenamento mossa al figlio primogenito, che portò alla sua condanna e alla rovina della reputazione di Cardano. Da allora, come egli stesso racconta, iniziò a circolare per la città sotto scorta, e la sua produzione intellettuale subì un netto calo. Pur ammettendo le proprie responsabilità nell’educazione del figlio, Cardano attribuì l’incarcerazione a una congiura ordita dai suoi nemici a Milano, che sarebbero stati mossi da odio e invidia. Un ulteriore segno di questa persecuzione fu la confisca di parte del suo stipendio da parte del Senato milanese[4].
Nel 1555, la sua fama lo portò in Scozia, dove curò l’arcivescovo Hamilton, consolidando ulteriormente la sua reputazione. Dopo alterne vicende, concluse la carriera a Bologna.
Gli ultimi anni di Cardano furono segnati da ulteriori prove e da un lento declino. Dopo il dramma del figlio e la perdita della reputazione, si trasferì definitivamente a Roma nel 1570, su invito del Papa Pio V, che gli offrì una pensione e la protezione della Chiesa. Qui, nonostante l’età avanzata e i problemi di salute, continuò a scrivere e a pubblicare opere, tra cui la sua celebre Autobiografia (De propria vita), in cui ripercorse con toni spesso amari le vicende della sua esistenza.
Tuttavia, neppure a Roma trovò pace. Nel 1571 fu arrestato dall’Inquisizione con l’accusa di eresia, forse a causa delle sue posizioni non sempre ortodosse. Dopo alcuni mesi di prigionia, fu costretto ad abiurare e perse il diritto di pubblicare nuovi libri. Privato della libertà intellettuale, visse gli ultimi anni in solitudine, dedicandosi a studi privati e alla stesura di testi che non avrebbe mai visto stampati.
Morì a Roma nel 1576, all’età di 74 anni, in circostanze modeste, lontano dallo splendore che aveva conosciuto nei decenni precedenti. Oggi è ricordato come uno degli ultimi grandi umanisti rinascimentali, che lasciò però anche un’eredità immensa in scienze come matematica e medicina. L' ’Ars Magna, rivoluzionò l’algebra introducendo i numeri complessi, mentre i suoi studi di probabilità gettarono le basi per la statistica moderna.
Il ruolo dei sogni
Cardano nel capitolo 45 della sua autobiografia elenca in maniera generale tutte le sue opere classificate,per materia, al quale seguono riflessioni e istruzioni sopra alcune opere in particolare. Egli scrisse 3 libri di matematica (di cui l’Ars magna è il testo più
importante), 6 libri di astronomia, 3 di fisica[5] ( , 3 di filosofia morale, 16 opuscoli vari, 9 opuscoli di medicina più 9 commentari e 1 di carattere divinatorio, e a questi si aggiungono un’altra serie di libri non stampati, in un totale di più o meno 200 trattati, dei quale però solo una parte di quelli che effettivamente ha scritto furono presentati. Altri o li distrusse o furono bruciati durante l’Inquisizione. In questo capitolo richiama poi ancora una volta la spinta iniziale che lo ha lanciato al lavoro di comporre libri:
“credo che avrai capito più sopra da quale causa io sia stato spinto a scrivere,avendo attestato altrove che ne fui ammonito in sogno, una volta e poi due, tre, quattro e più volte; ma fui anche eccitato dal desiderio di perpetuare il mio nome nei secoli”[6].
Questa frase sintetizza ciò che egli considerò il fattore decisivo del proprio destino. Da un lato, spinto dall’aspirazione all’immortalità, anelava a una gloria che sopravvivesse ai secoli; dall’altro, individuava la causa scatenante in alcuni sogni ricorrenti, ai quali attribuiva un significato profetico. Queste visioni oniriche – descritte da Cardano con minuziosa precisione nelle sue opere – influenzarono profondamente gli eventi cruciali della sua esistenza, plasmandone il corso in modo decisivo.
Allo studio dei sogni Cardano dedicò un'intera opera, il Somnia synesia, dove elevò l' arte a un qualcosa di predittivo e strutturato, delineando innanzitutto criteri e regole per la loro classificazione, per poi analizzare le cause e le figure simboliche alla base della loro interpretazione. Riconobbe così nei sogni non mere fantasie notturne, ma veri strumenti di conoscenza, capaci di svelare lati enigmatici dell'esistenza “assumono varie forme e hanno molti e diversi livelli di oscurità”[7]. “Sottolineava che, sia la causa sia l’oggetto di una visione devono essere determinati con nettezza affinché un sogno diventi chiaro”[8] e per questo consigliava prudenza sul suo utilizzo perché, non contenendo dei principi tecnici come hanno le altre arti[9] la sua natura è molto diversa e ci sono meno libri dal quale apprendere sull’argomento.
Cardano affronta il tema anche nel De animorum immortalitate, una delle sue opere più importanti e dedicata all'immortalità dell'anima. In un passo significativo, sviluppa una teoria onirica originale che si distanzia tanto dall'interpretazione aristotelica quanto dalle moderne concezioni neurologiche: egli pensa che i sogni siano uno stato in cui le cose si mostrano più chiaramente di quanto ne sia capace l’immaginazione quando si trova nello stato di veglia e nel quale l’anima comprende la perfezione di tutti isignificati mostrandoci immagini nitide, quasi taglienti come quelle che noi percepiamo con i sensi attraverso la nostra mente.
Nelle sue opere, Cardano descrisse diversi sogni da lui esperiti, attribuendone spesso un significato profetico e filosofico, ma nella sua Autobiografia ne descrisse due in particolare, poiché in essi - a suo dire - gli apparve con sorprendente chiarezza il riflesso delle vicende cruciali che avevano segnato la sua esistenza.
Il primo di questi due sogni gli si presentò una mattina del 1534, quando ancora non aveva deciso sull’indirizzo della sua vita e tutto sembrava andare per il peggio, perché era il periodo in cui si trovava a Gallarate, privo di lavoro e nella povertà più assoluta. La descrizione offerta da Cardano consiste in un racconto dettagliato, in cui ci sono “echi danteschi”[10] che ricordano “la paura provata da Dante nel rivivere la sua visione della selva oscura”[11]:
Sebbene Cardano nel momento in cui ebbe questo sogno non capì come decifrarlo 30 anni dopo lo interpretò in modo personalistico vedendoci una premonizione della conquista di quella gloria immortale che aveva sempre desiderato, ritenendo che nel sogno erano simboleggiati dalle “immense fatiche, il carcere, i grandi spaventi, i dolori a cui sarebbe andato incontro”[12], mentre il monito che la maggior parte degli uomini non fanno altro che “affrettarsi verso la morte”[13] glielo aveva inviato lo spirito “che si prendeva cura di lui”[14]. “Il terreno sassoso”, infine, “simboleggiava tutti i suoi soggiorni duri mentre i difetti della vegetazione significavano una vita infruttuosa ma pur sempre quieta, uguale e mite”[15] . Anche la capanna era una chiara allusione alla tranquillità d’animo. Cardano intepretò quindi questo sogno come una profezia che acquisiva chiarezza solo dopo il verificarsi degli eventi che aveva annunciato:
Cardano attribuì anche al secondo sogno un significato profetico riguardante però la sua produzione intellettuale. Lo interpretò come una metafora del suo percorso bibliografico, in cui i libri scritti e quelli ancora da comporre si dispiegavano dinanzi a lui come un destino già scritto, confermando la sua convinzione che i sogni fossero strumenti di conoscenza superiore. "Una notte aveva abbandonato il corpo e gli pareva di essere in cielo della luna nell’anima di suo padre, Ma poichè non lo vedeva, gli diceva di essergli stato dato come suo compagno. Non solo, “gli fece un grannumero di domande” e gli rivelò “che dopo 7000 anni sarebbe asceso al cielo di Mercurio, dopo altrettanti anni al cielo di venere e così via fino all’ottava orbita fino al sole dove avrebbe raggiunto il paradiso nel culmine dell’universo”[16]. Questo sogno nasce dopo la sua prima opera astrologica, quindi non sembra un caso che l’astrologia abbia fatto da contorno al sogno, e che in esso siano giunti a combaciare il significato dei pianeti che lui associava nell’astrologia all’attività letteraria: il paradiso cui si rivolgono i suoi scritti sugli Arcana aeternitatis , il vasto numero di stelle che richiamano il De rerum varietate e il De subtilitate, la sfera del sole con riferimento ai suoi libri sulla medicina, l’arte in cui egli vedeva Apollo, mentre l’aritmetica e la geometria appartenevano a Mercurio, Giove alla morale e l’interpretazione dei sogni a Saturno e alla Luna [17] . L’arte dell’astrologia faceva così da canovaccio a questo sogno, combinata probabilmente a reminiscenze letterarie(anche qui non senza analogie con alcuni temi danteschi della Divina Commedia) , trasformando così dei ricordi letterari in esperienze oniriche.
Cardano incominciò a inserire i suoi primi passi autobiografici già nel De libris propriis , opera in cui cominciò a elaborare la propria esistenza come vero e proprio progetto letterario, spiegando in che modo avesse deciso di scrivere ogni opera e che forma avesse preso. Egli tiene anzi spesso a far presente che i suoi libri, sia quelli buoni sia quelli meno buoni,li aveva scritti per intervento del lume divino. Questo anche se nel De libris propriis i passi autobiografici erano brevi e avevano preso la forma di racconti molto particolareggiati, che spiegano dettagliatamente in che modo avesse deciso di scrivere ogni sua opera e in particolare la sua opera più importante sulla natura, il De subtilitate a un sogno che, per il modo in cui era costituito, ha dato forma alla sua produzione intellettuale: “Avvenne contemporaneamente”, racconta, “un fatto assai interessante e singolare, che ho ricordato nei miei libri De Subtilitate”, ossia che iniziò a fare un sogno ricorrente in cui gli appariva un’opera in ventun parti, composta in uno stile elegante e difficile, con sottigliezza di ragionamento, al di sopra delle capacità umane.Era così piacevole il sogno che lo ricordava da sveglio, insieme con la materia dell’opera e il titolo:
Cardano fornì per ciascuna delle sue opere dettagliate annotazioni, comprendenti sia i sogni ispiratori che i particolari sul processo compositivo. Questo scrupolo nel documentare la propria biografia intellettuale seguiva modelli ben precisi - in particolare Galeno, che egli espressamente citava. L'influenza del medico antico è evidente nella cura con cui Cardano sottolineava i propri successi terapeutici, emulando il De libris propriis galenico, opera concepita anche per segnalare gli scritti apocrifi circolanti sotto il suo nome. Tuttavia, l'obiettivo cardaniano andava oltre: il suo progetto più ambizioso consisteva nel redigere un vero e proprio catalogo ragionato della propria produzione, con analitiche descrizioni dei contenuti.
Progressione intellettuale e opere
Sebbene sia difficile catalogare organicamente tutta la sua produzione, poiché molti scritti furono volontariamente distrutti dallo stesso Cardano nel 1557 - come egli stesso dichiarò, a suo dire perché 'mal strutturati' e per motivi politico-religiosi, è comunque possibile ricostruire l'evoluzione del suo pensiero attraverso un'analisi cronologica delle opere superstiti, dallo scritto più antico a quello più recente. Cardano ha composto il suo primo scritto negli anni ’20, il Liber de ludo aleae, un’opera in cui ha anticipato alcuni aspetti della teoria della probabilità[18],e che rimaneggerà negli anni ’60. Si tratta tuttavia di un breve trattato, redatto in un periodo antecedente agli eventi cruciali che avrebbero segnato il suo percorso biografico e intellettuale.. Questo è il periodo in cui inizia per lui il lungo periodo di povertà che ha influito anche sulla sua tranquillità, però è in questo periodo che riesce a sposarsi all’età di 31 anni e a iniziare a scrivere le sue prime opere dopo il suo trasferimento a Gallarate. È in questo periodo che Cardano inizia a redigere il De Rerum Varietate, opera che egli stesso avrebbe incluso tra le quattro più significative della sua produzione. Le prime stesure, in forma di appunti, rivelano come fin dalla giovinezza coltivasse un interesse sistematico per la filosofia naturale. Sebbene l'opera raggiunga la sua forma definitiva solo negli anni Cinquanta - distinguendosi dal più elegante De Subtilitate per stile e approccio - il suo valore risiede nell'originale metodo d'indagine: partendo dall'osservazione minuziosa della varietà dei fenomeni naturali, Cardano anticipò intuizioni che sarebbero confluite in discipline moderne come la chimica.
Pur mancando ancora un sistema filosofico compiuto, l'opera propone una visione antropocentrica in cui la conoscenza umana diviene strumento per agire sulla realtà, configurando l'universo come uno spazio di dialettica tra l'uomo e il creato. Questo studio enciclopedico, concentrandosi sull'analisi delle parti costitutive del cosmo, riflette le principali tendenze speculative del tempo, pur innovandole attraverso un approccio empirico inedito.
Cardano fonde tuttavia questa prospettiva con una rivoluzionaria cosmologia: gli astri e i corpi celesti non sono semplici determinanti del fato, ma componenti attivi della sua "varietas rerum". Nel suo sistema, le reciproche attrazioni e repulsioni planetarie creano una rete di forze modificabili dall'azione umana, capace potenzialmente di riorganizzare l'ordine cosmico stesso.Che Cardano concepisse questa relazione dinamica con gli astri trova conferma nell'approccio insolito del De Subtilitate, dove gli enti celesti sono analizzati principalmente nella loro sostanza e forma piuttosto che nel moto. Il movimento appare qui come proprietà accidentale, secondaria rispetto alla loro natura intrinseca . Nel De rerum varietate, Cardano si proponeva infatti di indagare proprio quella categoria di enti privi di principi stabili e di confini definiti.
Come notato da Eckhard Kessler , questa metodologia "anticipa l'approccio sistematizzante della rivoluzione scientifica seicentesca, pur mantenendo una base qualitativa tipica del Rinascimento"[19].Il suo approccio sistematico consisteva nell'astrarre dagli elementi temporalmente condizionati - soggetti all'evoluzione delle conoscenze - per individuare invece, attraverso lo studio di enti celesti come l’universo e le stelle, i segni di ciò che nel mondo sublunare è soggetto alla variazione. Il De Rerum Varietate rappresentò così per Cardano il passaggio verso una fase più matura,La nomina a professore a Milano gli garantì finalmente quella stabilità economica e intellettuale che gli permise di dedicarsi sistematicamente alla scrittura. Da questo momento in poi, la composizione di opere divenne per Cardano un'attività pressoché costante, interrotta soltanto da periodi di intenso studio monografico o dall'impegno in altri progetti. I periodi di interruzione sono stati il 1536-1537[20], il tempo speso nel 1951-1542 per i manoscritti da “mandare a Joannes Petreius”[21] (il più grande stampatore dell’epoca, e i suoi scritti furono pubblicati l’anno seguente), l’apprendimento del greco nel 1542-1543, mentre nel 1545-1546 ha letto ampiamente opere di astrologia e matematica. Durante questa prima parte della carriera, il periodo di maggiore attività è stato il 1533-36, nel quale oltre al De rerum varietate e altri piccoli scritti di minore importanza. La sua produzione iniziale spazia dai primi trattati astrologici fino all'opera polemica sulla medicina che gli avrebbe garantito notorietà. Il primo scritto astrologico, composto su sollecitazione di Filippo Archinto[22], rivela il suo precoce interesse per le dottrine tolemaiche e i principi astronomici, con particolare attenzione alla comprensione dei moti celesti. In questi lavori giovanili, Cardano inizia già a delineare i fondamenti tecnici dell'arte astrologica, dalla compilazione delle tavole all'analisi dei moti degli elementi naturali come l'aria.
Nel 1535 vede la luce l'Encomium geometriae, testimonianza della profonda venerazione che Cardano nutriva per questa disciplina - tanto che nel De subtilitate dedicherà alla geometria l'intera prima parte del capitolo sulle scienze.
Il periodo 1537-40 rappresenta una fase particolarmente feconda, durante la quale compose due opere aritmetiche fondamentali: il Practica arithmeticae et mensurandi singularis, che riflette la tradizione matematica del tempo, e un altro trattato che raccoglie sistematicamente la sua attività professionale di quegli anni.
Tuttavia gli scritti più importanti di questo periodo sono quelli di filosofia e gnoseologia, infatti da una “bozza dell’Arcana aeternitatis”[23] scrisse il De sapientia, testo in cui è riflesso il rapporto del sapere naturale con quello umano e nel quale ci sono anche importanti riflessioni sulla religione. Tra gli anni Trenta e Quaranta del Cinquecento, Cardano lavorò anche un'opera intitolata Questioni bibliche, che tuttavia rimase incompiuta e non vide mai la pubblicazione. Questo progetto, seppur abortito, testimonia il suo interesse per una possibile conciliazione tra religione cristiana e filosofia naturale, riflettendo quella visione sincretica che avrebbe caratterizzato tutta la sua produzione intellettuale[24] Quanto all’Arcana aeternitatis, invece, che Cardano considera uno dei suoi quattro libri più importanti, c’è molto mistero sul vero periodo in cui è stato scritto, perché Cardano nelle varie versioni del Libriis propriis ha sempre cambiato la data[25]. Una prima volta ha sostenuto che il periodo era il 1543, poi il 1538 e infine il 1540. Considerando il periodo di interruzione durante il 1541-42, si suppone che egli abbia iniziato a scriverlo sul finire degli anni ’40 per poi terminarlo nel ’43. Questo testo è comunque il primo vero testo metafisico che scrive, perché è interessato ai misteri dell’eternità[26] e secondo lui andava compreso nel contesto della metafisica di Aristotele. L’evoluzione del suo pensiero
filosofico è infatti determinata da un confronto con la filosofia di Aristotele, che sarà ancora mediato fino agli anni ’50 ma sarà molto caratterizzato in termini di contrasto a partire dagli anni ’60. Se infatti nel De subtilitate Cardano si considera, nonostante le divergenze, ancora un seguace della scuola aristotelica, successivamente diventerà molto più anti-aristotelico. Certamente era un periodo in cui l’anti-aristotelismo era anche di moda e secondo molti perdurava in quel periodo una volgarizzazione scolastica del pensiero di Aristotele. Però
sembra che per Cardano abbiano inciso molto le reazioni e le polemiche che sono venute fuori dopo la pubblicazione delle sue opere sulla natura, in un panorama intellettuale ancora saldamente ancorato alla tradizione aristotelica, che condizionava profondamente sia i metodi d'indagine che gli orizzonti teorici della filosofia naturale rinascimentale. Il più violento testo critico[27] sul De subtilitate fu scritto da Giulio Scaligero, che però, più che confutarlo, sembrava interessato a demolirlo, dato che il suo atteggiamento era negare tutto ciò che Cardano affermava e affermare tutto ciò che negava. L’Arcana aeternitatis è l’ultimo grande scritto di questa prima parte della vita di Cardano, nel quale per la prima volta la ricerca era focalizzata sui principi eterni di cui si sono sempre interessati i filosofi. Dal 1543, secondo lui stesso, iniziò la vera vita, forse determinata dal fatto che incominciò a ricoprire un ruolo
di prestigio come professore di medicina a Pavia. E appunto, dopo aver scritto un’altra opera di astrologia, ebbe quei sogni ripetuti che lo spinsero a scrivere il De subtilitate. Gli altri principali scritti durante questo periodo furono l’Ars magna del 1545, testo che diventò famoso perché compaiono le soluzioni delle equazioni di terzo grado, e l’Animorum immortalitate che tuttavia è nato proprio dal materiale per i futuri lavori. In questo testo vengono riportate le ipotesi degli antichi intorno alla natura dell’anima, e Cardano cerca di giustificare la visione platonica dell’anima divisa in tre parti, criticata da Aristotele, in una visione funzionalista: le tre parti dell’anima corrisponderebbero a funzioni più che a essenze. Dallo stile si vede comunque che questo testo è un abbozzo,dove Cardano adotta un approccio meno sistematico rispetto al De subtilitate[28].
Per quanto riguarda il De subtilitate, sebbene Cardano sembra abbia impiegato soltanto otto mesi per la stesura iniziale - fatto straordinario, considerata la vastità di argomenti trattati - dedicò poi molti anni a revisionarlo, ampliarlo e rielaborarlo. Tra la prima edizione del 1550 e la terza del 1560 (l'ultima curata personalmente dall'autore), il testo raddoppiò la sua lunghezza[29].
L'ultima opera sulla natura, il De natura, fu concepita dallo stesso autore come propedeutica al De subtilitate. In questo scritto finale emerge con maggiore chiarezza una posizione antiaristotelica che nel De subtilitate non si manifestava ancora in modo così evidente.
Il naturalismo di Cardano
La visione della natura di Cardano contribuì a:
- Sminuire l’autorità di Aristotele
- Promuovere l’indagine sperimentale
- Preparare il terreno ad altri autori
Il suo pensiero si inserisce a metà strada tra la tradizione medioevale e la scienza moderna,rifiutò infatti l’idea meccanicistica della natura, tanto di moda nel 1600 proponendo invece un modello vitalistico e qualitativo. Centrale la sua teoria del calor innatus (simile al pneuma stoico) che pervade la crescita degli esservi viventi,il movimento dei corpi celesti e le trasformazioni della materia. Secondo Cardano bastavano due soli elementi, il calore celeste e l' umidità a determinare nella loro combinazione tutti gli enti materiali
Le differenze con Aristotele
Nella tradizione aristotelica, l'oggetto fondamentale della fisica è sempre stato lo studio del mutamento e delle sue cause. Tuttavia, secondo Cardano, Aristotele - pur muovendosi inizialmente da questa nobile premessa - avrebbe successivamente complicato eccessivamente il proprio sistema filosofico introducendo disquisizioni astratte e artificiose. Cardano arriva a suggerire che questa complicazione fosse intenzionale, finalizzata a perpetuare il proprio nome nella memoria dei posteri più che a perseguire una genuina comprensione della natura.
Particolarmente significativo è, nell'analisi cardaniana, il tentativo di chiarire il punto di demarcazione tra movimento e quiete nello studio degli enti naturali - un elemento cruciale che, nonostante le approfondite analisi dello Stagirita, sarebbe rimasto fondamentalmente oscuro nel sistema aristotelico. Questa divergenza si rifletteva radicalmente nel metodo d'indagine delle cause prime:
- Approccio aristotelico:
- Ricerca metafisica delle sostanze prime (enti invisibili fondanti la realtà)
- Mediazione attraverso complesse catene causali
- Separazione netta tra fisica (mondo sublunare) e metafisica (essenze eterne)
Cardano supera radicalmente sia il concetto di cause mediatrici sia la tradizionale separazione tra fisica e metafisica. Per il filosofo rinascimentale, la sostanza si coglie direttamente attraverso la visione intuitiva che la identifica con l'essenza stessa - una concezione di chiara ascendenza platonica[30], ma con una fondamentale innovazione: l'intelletto umano, esso stesso sostanza fisica e parte integrante della natura, opera con strumenti conoscitivi intrinsecamente limitati. Proprio questa condizione esistenziale dell'intelletto-sostanza, collocato nello spazio e nel divenire, trasforma ciò che dovrebbe essere una percezione chiara e immediata dell'essenza in una conoscenza oscura e parziale.
In questa prospettiva, l'oscurità della conoscenza non deriva da una mancanza di mediazioni metafisiche (come in Aristotele), ma dalla stessa natura finita dell'intelletto umano, che pur partecipando della sostanza universale ne riceve solo una comprensione velata.
Materia,moto e principi
Nel primo capitolo del De Subtilitate, Cardano espone quelli che considera i principi fondamentali della natura e i processi dinamici della materia. La sua teoria poggia su cinque principi primi la cui combinazione genera tutti i fenomeni naturali:
- Materia - il substrato fisico di ogni cosa
- Forma - concepita come materia che riempie uno spazio determinato
- Posto - concetto ereditato dalla tradizione medievale (in particolare da Roberto Grossatesta), inteso come limite estremo di un corpo
- Movimento - principio con cui si attuano le ptenze del divenire
- Anima - di cui la mente rappresenta la parte più nobile
Secondo questa concezione, tali principi esistono in relazione alla percezione sensibile, in una realtà che non ammette spazi vuoti. La materia, in virtù della sua intrinseca potenzialità, possiede infatti la capacità di occupare completamente lo spazio disponibile. Quando incontra un vuoto o uno spazio cavo, riempiendolo darebbe origine a un nuovo mondo; al contrario, qualora il vuoto si espandesse, comporterebbe necessariamente la rimozione della materia esistente.
Poiché ogni espansione del vuoto richiederebbe l'azione di un qualche moto, Cardano dedica particolare attenzione all'analisi dei movimenti fondamentali della materia, considerandoli elementi costitutivi della dinamica cosmica.Il primo e più importante movimento richiama quello postulato dagli atomisti greci, con una fondamentale differenza: Cardano considerava questo fenomeno puramente accidentale, poiché - come egli stesso afferma - “compattezza di un corpo che ha parti simili non può penetrare uno con l’altro”[31] .Questa prospettiva risolve le aporie della teoria atomistica antica, che individuava negli atomi i principi primi della realtà senza però spiegare l'origine del loro movimento.
Dopo aver analizzato questo primo moto per dimostrare l’inesistenza del vuoto passa ad esaminare gli altri, perché c’è infatti un secondo moto contrario al primo:
“Il secondo moto è contrario al precedente come il primo ed è prodotto dal vuoto esso sembra prodotto per prevenire i corpi penetrando uno all’altro ma più precisamente perché di una ragione opposta alla precedente, che è per prevenire l’acquisizione di una forma rispetto a una giusta quantità. Così queCosì questo procede dalla natura e lo stesso ragionamento con il quale noi abbiamo mostrato che il precedente è naturale e sebbene si accorda a qualche persona è certamente più oscuro. E non è certamente evidente quale di questi moti è il più potente. Ma è abbastanza evidente che entrambi i moti sono più potenti di tutti i moti violenti e persino dei moti degli elementi”[32].
Secondo Cardano, il secondo movimento trovava quindi la sua ragion d'essere nella presenza di un vuoto, al quale attribuiva una funzione regolatrice finalizzata a garantire l'equilibrio delle forme nella natura. SI può anche dire che sia il moto degli atomisti in una nuova veste solo che come Cardano sottolinea, rispetto al precedente è più oscuro, perché sembra fatto apposta per essere guidato da un’intelligenza, ma in realtà è naturale e potente quanto l’altro. Cardano sottolinea poi che questi due moti sono i più potenti di tutti anche si quelli violenti e degli elementi[33] che sono quelli che caratterizzano la natura esterna. Il terzo moto poi è:
“delle cose pesanti verso il basso e delle cose luminose verso il cielo nel quale tutti ammettono che sia naturale però ci sono meno dolori attorno a esso. E persino se noi accettiamo che qui ci sono altri moti che siano naturali, è fornito che siano sempre siano in linea con questi principi e dico niente sta in piedi nel modo volto mettere in evidenza”[34].
Questo moto dipende quindi dagli accidenti della pesantezza e della luminosa leggerezza verso l’alto, un moto molto più visibile degli altri due che sono più occulti.Però questi due occulti sono molti più potenti di quest’ultimo che è già di per sé potente.
Critiche
Fin dagli esordi della sua carriera, Girolamo Cardano si trovò al centro di aspre polemiche. Già nel 1526, le sue innovative tecniche mediche gli valsero le prime accuse di ciarlataneria da parte dei colleghi più tradizionalisti. Dieci anni dopo, nel 1536, scoppiò la celebre disputa con Niccolò Tartaglia sulla paternità della soluzione delle equazioni cubiche – una controversia matematica che avrebbe segnato la genesi dell’Ars Magna e lasciato strascichi duraturi. Nel 1543, il Collegio dei Medici di Milano gli rifiutò la licenza ufficiale, giudicando i suoi metodi "troppo speculativi" e poco ortodossi.
Durante la maturità accademica (1543-1560), le critiche si fecero più strutturate. Nel 1545, il filosofo Giulio Cesare Scaligero bollò il De Subtilitate come un pericoloso "miscuglio di scienza e superstizione", mentre nel 1557 Giulio Cesare Vanini attaccò il suo rigido determinismo astrologico nel De Varietate. Vanini contestò aspramente l'introduzione, da parte di Cardano, di elementi magico-simpatetici – come influssi astrali e corrispondenze occulte – nella filosofia naturale. Secondo il pensatore libertino, questa commistione snaturava la scienza, degradandola a "scienza di congetture" anziché di leggi razionalmente dimostrabili.
Pur essendo egli stesso un esponente del libertinismo erudito ( corrente filosofica che costituì l'anticipazione diretta del libertinismo seicentesco sviluppato da pensatori come La Mothe,Le Vayer e Gassendi), Vanini considerava fondamentale salvaguardare la libertà umana dall'essere ridotta a mero ingranaggio di un cosmo deterministico. Nelle teorie cardaniane individuava infatti una pericolosa confusione tra causalità naturale e fatalismo, dove le stelle assumevano un ruolo eccessivo: «Cardano fa degli astri tiranni, non strumenti» (De Arcanis, Lib. IV).
A questa critica si aggiungeva una questione teologica: l'astrologia deterministica di Cardano appariva in contraddizione con la provvidenza divina, poiché privava Dio del controllo ultimo sull'ordine del mondo. Per Vanini, un simile approccio non solo era secondo lui filosoficamente debole, ma minava i fondamenti stessi di una visione coerente della natura e del divino.
Sebbene il pensiero di Vanini rifletta la profonda crisi del Rinascimento, maturata nel contesto delle tensioni religiose post-tridentine, egli rappresenta al tempo stesso l'ultimo esponente del naturalismo rinascimentale.
Ma il colpo più duro giunse nel 1560, quando l’esecuzione del figlio Giovanni Battista per l’omicidio della moglie macchiò la sua reputazione, esponendolo ad accuse pubbliche di immoralità e cattiva educazione paterna.
Gli ultimi anni (1560-1576) furono segnati da persecuzioni istituzionali: nel 1570, l’Inquisizione romana lo arrestò per eresia e presunta negromanzia, e l’anno successivo (1571) condannò ufficialmente 72 proposizioni tratte dal De Subtilitate. Queste vicende rivelano come Cardano, nonostante il genio, abbia costantemente sfidato – e spesso oltrepassato – i confini dell’ortodossia scientifica e religiosa del suo tempo.
Mentre però le polemiche contemporanee a Cardano (Scaligero, Tartaglia, Vanini) si concentravano su questioni metodologiche e teologiche, le critiche successive – avanzate da esponenti della nascente rivoluzione scientifica come William Gilbert e Francis Bacon – riflettono un cambiamento epistemologico più profondo: il superamento del paradigma rinascimentale a favore di un approccio sperimentale e sistematico.
Gilbert accusa Cardano di aver volutamente trascurato il magnetismo per privilegiare la propria fama di pensatore originale rispetto al rigore scientifico. Secondo questa lettura, Cardano avrebbe:
- Ignorato gli studi preesistenti (es. Peregrino)
- Preferito teorie fantasiose ("anima della materia")
- Sacrificato l'accuratezza all'originalità
Tuttavia, recenti studi (Pumfrey, 2002) contestano questa visione:
- Differenza di obiettivi:
- Gilbert mirava a una riforma metodologica della scienza
- Cardano perseguiva una sintesi enciclopedica del sapere
- Contesto epistemologico diverso:
- Nel Cinquecento, magnetismo e occulte simpatie erano spesso concetti interconnessi. Cardano, utilizzando la terminologia dell'epoca, si riferiva al fenomeno magnetico come "pietra erculea", interpretandolo come manifestazione di un quarto tipo di movimento (gli altri movimenti sono descritti nel primo capitolo del De Subtilitate) - in cui un ente si sposta autonomamente da un luogo all'altro senza modificare la propria essenza. Il filosofo milanese svolse un ruolo pionieristico nella descrizione delle proprietà di questa forza, sottolineando come, a differenza degli altri elementi soggetti al divenire naturale, la pietra magnetica conservasse una natura costante e incorruttibile. La sua teoria innovativa collegava il magnetismo alle dinamiche celesti: secondo Cardano, quello che viene chiamato declinazione magnetica non dipendeva dall'inclinazione terrestre, ma dall' influsso di determinte costellazioni, in particolare dall'Orsa Minore. Egli calcolò che l'Orsa Minore, situata a "5 gradi dal polo dell'universo", esercitasse una forza direzionale: Lo scostamento angolare dall'allineamento polare perfetto genera una tensione magnetica in grado di orientare la pietra in direzioni opposte. Secondo questa sofisticata dinamica, quando l'Orsa Minore si avvicinava al polo ideale(Cardano concepiva il "polo dell'universo" come un asse di rotazione cosmica assoluto, un riferimento fisso attorno al quale tutte le altre masse celesti - pianeti, stelle e costellazioni - avrebbero dovuto idealmente ruotare)., la pietra veniva attratta verso sud, mentre quando se ne allontanava, l'attrazione si spostava verso nord. L'intensità della forza magnetica era così direttamente proporzionale all'entità dello scostamento angolare: maggiore era la distanza dell'Orsa dal polo ideale, più potente risultava la spinta direzionale sulla pietra. In questa visione cosmologica, la declinazione magnetica diventava così un fenomeno di risonanza di una simmetria cosmica tra la Terra e il macrocosmo stellare. Questa teoria cardaniana affondava le radici in diverse tradizioni precedenti. Da Plinio il Vecchio ereditò l'idea di una connessione tra magnetite e regioni settentrionali, mentre dagli astrologi arabi come Albumasar riprese il concetto di simpatia tra corpi celesti e terrestri. Tuttavia, Cardano innovò questo patrimonio introducendo elementi originali: una precisa quantificazione dello scostamento (i famosi 5 gradi) e una dinamica bidirezionale dell'attrazione (non più solo verso nord),
- Al contrario, Gilbert nel De Magnete condanna il metodo speculativo di quei filosofi naturali che attribuivano le variazioni magnetiche a fattori esterni (astri, conformazioni geografiche o influssi celesti), senza verifica sperimentale. Secondo lui invece tali fenomeni trovano la loro unica spiegazione nelle caratteristiche fisiche del pianeta Terra. Gilbert si colloca in un paradigma scientifico ormai mutato, segnato dalla nuova ipotesi copernicana che postulava una Terra dinamica e rotante - visione antitetica a quella dei filosofi naturali rinascimentali, ancora legati al geocentrismo.
- Impatto reale dell'opera: Nonostante le critiche, il De Subtilitate rimase un testo di riferimento per naturalisti ( es. anche per autori come Keplero, che ne apprezzava le intuizioni sulle analogie cosmiche pur reinterpretandole diversamente).
Francis Bacon, invece, profondamente impegnato nell'elaborazione di una nuova metodologia scientifica che poneva l'esperimento a fondamento della conoscenza, pur riconoscendo l'acume intellettuale di Cardano, lo giudicava in sostanza un aristotelico camuffato. Secondo Bacon, Cardano aveva sì adottato dal filosofo greco il principio della razionalità delle cause naturali, ma ne aveva perpetuato il vizio capitale: l'indagine puramente speculativa, priva del necessario riscontro sperimentale.
Come lo stesso Bacon ebbe a scrivere nel Novum Organum: "Cardano somiglia a quei filosofi antichi che costruivano mondi nella mente senza mai interrogare la natura" (I, 62) - affermazione che condensava la sua critica radicale al metodo cardaniano.
Bacon elaborò un sistema basato sull'induzione empirica, strutturato attorno alle celebri Tavole di investigazione (Presenza, Assenza, Gradi). Questo approccio rivoluzionario, esposto nel Novum Organum (1620), mirava a superare le speculazioni aprioristiche della tradizione aristotelica attraverso un rigoroso processo di osservazione e verifica sperimentale. Tuttavia, come Karl Popper avrebbe poi sottolineato nel XX secolo, il metodo baconiano presentava un limite fondamentale: l'induzione non può garantire verità universali, poiché il futuro potrebbe sempre smentire le regolarità osservate nel passato ("il problema dell'induzione").
In netto contrasto con Bacon, Girolamo Cardano adottò un approccio deduttivo che, partendo da osservazioni sensoriali iniziali, sviluppava teorie attraverso il ragionamento logico piuttosto che la verifica sperimentale sistematica. Il suo metodo, esemplificato nell'analisi del magnetismo o delle corrispondenze astrologiche, seguiva un percorso caratteristico:
- Fase osservativa: raccolta di dati empirici (es. il comportamento della bussola)
- Fase deduttiva: elaborazione di principi generali (es. l'influsso dell'Orsa Minore)
- Fase speculativa: costruzione di un sistema coerente (anche se spesso non verificato sperimentalmente)
Mentre il metodo induttivo baconiano è stato criticato da Popper per la sua incapacità di fornire verità assolute (problema noto come "l'induzione di Hume"), l'approccio deduttivo cardaniano - lungi dall'essere confutato - costituisce ancor oggi uno dei pilastri del ragionamento scientifico moderno. La deduzione, infatti, permette di trarre conclusioni necessarie da premesse date, garantendo una forma di certezza logica che l'induzione non può offrire.
Cardano e Telesio
Nonostante la loro quasi contemporaneità (sebbene Telesio abbia iniziato a scrivere le sue opere nella fase finale della sua vita, mentre Cardano era già avviato verso il declino), le citazioni reciproche tra i due grandi naturalisti del Cinquecento sono estremamente rare,se non assenti. Cardano menziona Telesio una sola volta nel Theonoston (composto intorno al 1560), un trattato astrologico in cui analizza l’influenza degli astri sul carattere e sul destino degli intellettuali. In quest’opera, Cardano include Telesio – insieme a sé stesso e a Copernico – tra gli intellettuali "saturnini", associandoli a una categoria di pensatori melanconici e profondi, legati all’influsso di Saturno.
Il mancato dialogo tra i due dimostrebbe una frattura tra Rinascimento "magico" (Cardano) e rivoluzione scientifica nascente (Telesio). Questa frattura sembra evidente nel giudizio critico che Telesio riservava a pratiche come l’astrologia – alle quali Cardano, invece, aveva dedicato opere fondamentali (De supplemento Almanach, Libelli quinque). Mentre Cardano cercava nelle stelle risposte sul destino umano, Telesio rifiutava ogni spiegazione non immanente ai fenomeni naturali, puntando su un’indagine empirica e materialista della realtà.
Eredità storica: anticipatore della rivoluzione scientifica
Sebbene sia vissuto in un periodo in cui la rivoluzione scientifica non è ancora avvenuta,Cardano anticipò alcuni concetti chiave:
- Empirismo: Insistette sull’osservazione diretta (es. studiò 7.000 casi medici).
- Matematizzazione della natura': Ricerche quantitative nel 'De Proportionibus'' (1570) .Nel suo trattato ''De Proportionibus'', Cardano dimostra un approccio pionieristico alla fisica matematica, anticipando metodologie che saranno proprie della rivoluzione scientifica. In particolare formalizzò matematicamente il moto elaborando qualla che può essere considerata la prima legge della cinematica[35]
dove:
1. Termini della Formula
Simbolo | Significato | Unità di misura (originali) | Analogia moderna |
---|---|---|---|
Virtus Motus | "Forza del moto" | Gradi di virtù | Energia cinetica |
Pondus | Peso del corpo | Librae (libbre) | Peso-gravità |
Velocitas | Velocità | Passus/hora (passi/ora) | Velocità (v) |
Resistentia | Attrito/Resistenza | Gradi di impedimento | Coefficiente d'attrito (μ) |
Spatium | Distanza percorsa | Cubiti (cubiti) | Spazio (s) |
Questa formula rappresenta un tentativo rivoluzionario di sintetizzare in un' unica relazione parametri fisici fondamentali,quantificare fenomeni dinamici che Aristotele descriveva solo qualitativamente e introdurre variabili ambientali (come l'attrito) nello studio del movimento. Questa formulazione fu innovativa perché, per la prima volta, proponeva una legge universale applicabile tanto ai corpi celesti quanto a quelli terrestri. Cardano giunse a questa sintesi attraverso un’attenta osservazione dei fenomeni naturali, tra cui la caduta dei gravi e i moti planetari, dimostrando come fosse possibile analizzare matematicamente le relazioni tra i diversi fattori fisici.
- Critica alle autorità: Rifiutò dogmi aristotelici quando contraddetti dall’esperienza.
Note
- ↑ Vennero due nipoti di suo padre a vivere con lui (cfr. De propria vita, p. 68) .
- ↑ De propria vita, p. 61.
- ↑ De propria vita, p. 157.
- ↑ “Per l’odio del senato, come tu dici, o almeno dirò per mancanza del suo favore, ti fu confiscato o decurtato lo stipendio di più di cento corone auree” (cfr. Guglielmo, p. 21).
- ↑ De subtilitate, De rerum varietate e De natura.
- ↑ De propria vita, p. 365-366.
- ↑ A. Grafton, Il signore del tempo, p. 209.
- ↑ Ibidem
- ↑ L’astrologia, ad esempio.
- ↑ A. Grafton, Il signore del tempo, p. 226.
- ↑ Ibidem
- ↑ G. Cardano, De propria vita, p. 278.
- ↑ A. Grafton, Il signore del tempo, p. 226.
- ↑ A. Grafton, Il signore del tempo, p. 227. Cardano pensava di avere una specie di daimon, spirito o genio simile a quello che Socrate diceva di avere, che lo consigliava.
- ↑ G. Cardano, De propria vita, p. 278.
- ↑ De propria vita, p. 279.
- ↑ In questa identificazione di ogni pianeta con un determinato ramo delle arti e scienze umane vi è una corrispondenza tra sapere in generale e filosofia naturale, che detta le corri- spondenze: così se Mercurio ben si adatta all’analisi di fenomeni luminosi descritti attraverso leggi geometriche, essendo vicino al Sole, in Giove Cardano vede la morale perché la sua gran- dezza e costituzione lo fa essere un pianeta potente e la potenza è a fondamento appunto della morale.
- ↑ Per esempio sulla frequenza dei punti nel lancio dei dadi.
- ↑ The Transformation of Aristotelianism, 1990
- ↑ A causa di un lavoro su Cicerone.
- ↑ G. Cardano, De libris propriis, p. 43.
- ↑ Cfr. Ian Maclean, De libris propriis di Gerolamo Cardano, Introduzione, p. 53.
- ↑ G. Cardano, De libris propriis p. 70.
- ↑ Infatti anche nel De subtilitate ci saranno riflessioni simili
- ↑ G. Cardano, De libris propriis p. 69.
- ↑ G. Cardano, De libris propriis p. 69.
- ↑ I l Iulii Caesaris Scaligeri Exotericarum exercitationum liber XV. de subtilitate, ad Hieronymum Cardanum pubblicato a Parigi nel 1557.
- ↑ Seppur c’è qualche importante riflessione su aspetti che riguardano gli enti collegati all’anima
- ↑ Schütze, p. 163
- ↑ Nell’Autobiografia Cardano dice che l’errore di Platone è di non aver considerato il ruolo della gravità nelle sue teorie
- ↑ Cardano, The De subtilitate,edited by John M. Forrester p. 29
- ↑ Cardano, The De subtilitate,edited by John M. Forrester p. 30
- ↑ aria,acqua e terra
- ↑ Ibidem
- ↑ Nella visione cardaniana, il movimento non è concepito come mero atto di sfuggire a una condizione inerziale – nozione che sarebbe emesa solo con la fisica moderna – bensì come manifestazione attiva di una potenza immanente (virtus motrix), una forza intrinseca che anima la materia e ne governa le trasformazioni