Incidente di Roswell

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L’incidente di Roswell è un evento che si colloca tra i più noti e controversi della storia dell’ufologia. Accaduto nel luglio del 1947 nei pressi di Roswell, una cittadina situata nello stato americano del Nuovo Messico, l’episodio si sviluppò a partire dal ritrovamento di strani detriti in un ranch della zona. Il proprietario del terreno, Mack Brazel, scoprì i rottami e li segnalò alle autorità locali, che a loro volta coinvolsero la vicina base aerea militare. Inizialmente, il comunicato ufficiale del 509º Gruppo Bombardieri dell'aviazione statunitense affermò di aver recuperato un "disco volante" — un’affermazione che suscitò immediatamente l’interesse dei media e del pubblico. Tuttavia, il giorno successivo, l’esercito ritrattò questa dichiarazione, affermando che i rottami erano in realtà i resti di un pallone sonda meteorologico. Questo cambiamento nella versione ufficiale degli eventi ha dato origine a decenni di speculazioni e teorie, con molti sostenitori dell’ipotesi extraterrestre che ritengono che il governo degli Stati Uniti abbia coperto la vera natura dei rottami ritrovati — un’astronave extraterrestre schiantatasi al suolo. Negli anni seguenti, l’incidente di Roswell divenne un simbolo centrale nella cultura ufologica, stimolando innumerevoli libri, documentari e articoli, oltre a generare un vivace dibattito tra coloro che sostengono la versione ufficiale e coloro che credono che vi sia stata una copertura sistematica da parte delle autorità militari. Nel 1994, l’Aeronautica Militare pubblicò un nuovo rapporto che forniva una spiegazione alternativa, collegando l'incidente al Progetto Mogul — un’operazione segreta volta a monitorare eventuali test nucleari sovietici tramite palloni ad alta quota, equipaggiati con sofisticati dispositivi di rilevamento. Secondo questa versione, i detriti ritrovati appartenevano a uno di questi palloni. Tuttavia, nonostante questa nuova spiegazione ufficiale, molti ricercatori e ufologi continuarono a sostenere l'ipotesi dello schianto extraterrestre e a criticare la versione ufficiale fornita dalle autorità.
Lo svolgimento degli eventi

La notte del 2 luglio 1947, Mack Brazel — un allevatore che viveva in un ranch vicino Roswell — sentì un forte rumore e, la mattina successiva, trovò nel suo pascolo dei misteriosi detriti sparsi su una vasta area. I frammenti includevano materiali che Brazel non riusciva ad identificare. Inizialmente, l'allevatore non attribuì grande importanza ai detriti, ma le notizie dei numerosi avvistamenti di "dischi volanti" in tutta la nazione lo spinsero a riflettere. Il 5 luglio, l'allevatore si fermò a casa dei suoi vicini, Floyd e Loretta Proctor, e mostrò loro alcuni dei materiali. I conuigi rimasero colpiti dall’insolita natura dei frammenti e lo incoraggiarono a segnalare la scoperta alle autorità. Brazel decise quindi di portare alcuni dei frammenti alle autorità locali di Roswell. Il 6 luglio, Brazel si recò dallo sceriffo George Wilcox, che a sua volta contattò la base militare di Roswell. Qui entrano in scena i militari, destinati a diventare i protagonisti dell'intera vicenda.
Il 7 luglio, il maggiore Jesse Marcel, ufficiale dell'intelligence della base militare di Roswell, giunse al ranch insieme a Brazel e ad un altro militare, probabilmente l’agente del controspionaggio Sheridan Cavitt, per esaminare da vicino i misteriosi detriti trovati nei giorni precedenti. I tre trascorsero l’intera giornata sul campo dei rottami, e al calare della sera tornarono a Roswell con una parte dei frammenti raccolti. Marcel raccolse diversi frammenti, che apparivano inusuali per l'epoca. Secondo la testimonianza da lui rilasciata anni dopo, i materiali erano estremamente leggeri e sembravano non subire danni neanche sotto stress meccanico. Alcuni componenti, come fogli metallici sottilissimi, potevano essere piegati, ma si raddrizzavano subito dopo senza pieghe residue, una caratteristica che Marcel trovò molto singolare. Gli altri frammenti comprendevano asticelle di metallo leggere quanto il legno di balsa con sopra incisi strani simboli. Marcel raccolse tutto ciò che poteva e tornò alla base, dove furono effettuate alcune prime analisi preliminari. Anche se non c'erano indicazioni chiare sull'origine dei materiali, Marcel rimase convinto che i detriti non appartenessero a nessuna tecnologia conosciuta dell'epoca.
La mattina dell'8 luglio, il colonnello William Blanchard, comandante della base militare di Roswell, prese una decisione cruciale: emettere un comunicato stampa ufficiale per informare il pubblico del ritrovamento. Ciò rappresentava un passo molto audace, poiché non era prassi comune divulgare informazioni al pubblico in una fase così preliminare delle indagini. Il tenente Walter Haut, ufficiale addetto alle relazioni pubbliche della base, fu incaricato di diffondere la notizia. Il comunicato stampa dichiarava che il personale della base aveva recuperato un disco volante nei pressi di Roswell e che i frammenti erano stati portati alla base militare di Wright Field, in Ohio, per ulteriori esami. La dichiarazione era chiara e diretta, e fu immediatamente ripresa dalle principali agenzie di stampa. Già a mezzogiorno dell'8 luglio, l’impatto mediatico fu talmente travolgente che tutte le linee telefoniche della base, delle radio e delle redazioni locali erano completamente intasate. Nel giro di poche ore la notizia fece il giro del mondo, scatenando l'interesse di giornalisti, radio e cittadini comuni, tutti curiosi di sapere cosa realmente fosse stato ritrovato. La parola "disco volante", inserita nel comunicato stampa, suscitò una reazione immediata da parte dei media, che già da settimane seguivano con attenzione le notizie di avvistamenti di strani oggetti nel cielo. La notizia del recupero di un disco volante a Roswell sembrava essere la conferma definitiva che qualcosa di straordinario stava accadendo nei cieli degli Stati Uniti, e radio locali e nazionali diffusero la notizia in tempo reale. Alcuni giornalisti si recarono immediatamente a Roswell, cercando di ottenere ulteriori informazioni, mentre altri contattarono fonti ufficiali per verificare i dettagli del ritrovamento. In pochi istanti, l'incidente di Roswell divenne un fenomeno mediatico senza precedenti.

Di fronte all'improvvisa ondata di attenzione mediatica, le alte sfere dell'esercito e del governo americano reagirono con preoccupazione. La notizia stava sfuggendo di mano e le implicazioni di un presunto disco volante recuperato dall'esercito rischiavano di sollevare domande ben più scomode. A questo punto entrò in scena il generale Roger Ramey, comandante dell'8ª armata dell'Aeronautica Militare, che si trovava nella base aerea di Fort Worth, Texas. Nel pomeriggio dell’8 luglio, Ramey ordinò una ritrattazione immediata e convocò Marcel presso la sua base. I detriti, affermò, non erano affatto di origine extraterrestre, ma erano i resti di un pallone sonda meteorologico che faceva parte di un programma scientifico dell'esercito. Per sostenere questa nuova versione, i frammenti raccolti da Marcel furono trasportati a Fort Worth, dove Ramey organizzò una conferenza stampa alla quale partecipò anche Marcel, per mostrare ai giornalisti i materiali ritrovati. Nel frattempo, sempre nel pomeriggio dell’8 luglio, Mac Brazel fu preso in custodia dai militari. Rimase sotto controllo per diverse ore, venne interrogato intensamente e fu costretto a cambiare la propria versione dei fatti. Il giorno successivo, il 9 luglio, mentre Marcel si trovava ancora a Fort Worth per la conferenza stampa, Brazel rilasciò una dichiarazione al Roswell Daily Record in cui dichiarava che ciò che aveva trovato consisteva in semplici frammenti di gomma, fogli metallici, bastoncini e nastro adesivo decorato — tutti materiali compatibili con quelli di un pallone sonda. Le immagini scattate durante la conferenza mostravano Marcel che teneva in mano pezzi di un normale pallone sonda, insieme a riflettori radar di carta stagnola e bastoni di legno. Questa improvvisa inversione di marcia confuse molti, ma l’esercito si impegnò a presentare la nuova versione come la spiegazione ufficiale. Le dichiarazioni di Ramey vennero trasmesse dalle radio e riportate sui giornali con altrettanta rapidità, e la storia del “disco volante” fu ufficialmente archiviata come un errore di interpretazione.
La riscoperta del caso
Dopo la conferenza stampa del generale Ramey, l'incidente di Roswell cadde rapidamente nell'oblio. Per molti anni, sia il pubblico americano che gli ufologi trattarono l'episodio come un evento marginale, archiviandolo come il ritrovamento di un semplice pallone meteorologico, così come stabilito dalla versione ufficiale dell'esercito. La narrativa ufficiale era stata accettata senza troppi contrasti, in un'epoca in cui la fiducia nelle istituzioni era ancora alta e la possibilità di un insabbiamento da parte del governo non era una preoccupazione centrale per la maggior parte dei cittadini. Anche gli studiosi del fenomeno UFO, che in quegli anni si concentravano principalmente su avvistamenti nel cielo, non dedicarono particolare attenzione all'incidente. In effetti, nei decenni immediatamente successivi al 1947, l'episodio di Roswell rimase sepolto sotto altre vicende ufologiche che catturarono l'attenzione del pubblico, come le ondate di avvistamenti UFO che caratterizzarono gli anni '50 e '60.

Fu soltanto alla fine degli anni '70 che l'incidente di Roswell tornò a suscitare interesse grazie alla tenacia di alcuni ricercatori, tra cui William Moore e Stanton Friedman. Fu proprio Friedman, nel 1978, a intervistare Jesse Marcel, che nel 1947 era stato direttamente coinvolto nel recupero dei materiali rinvenuti presso il ranch di Mack Brazel. Durante questa intervista, Marcel rivelò per la prima volta che, secondo lui, i rottami recuperati non appartenevano a un pallone meteorologico, ma a qualcosa di molto più straordinario — un veicolo non terrestre. Inoltre, affermò anche che i rottami che erano stati mostrati ai giornalisti durante la conferenza stampa organizzata dal generale Ramey non fossero quelli che lui aveva recuperato e portato alla base militare di Roswell originariamente. Le dichiarazioni di Marcel furono sorprendenti e vennero accolte con grande interesse dagli ufologi, che riconobbero nell'incidente di Roswell un'opportunità per riesaminare uno degli eventi più enigmatici e potenzialmente significativi della storia ufologica. Successivamente a questa intervista, William Moore pubblicò nel 1980, insieme a Charles Berlitz, il libro The Roswell Incident. Questo testo rappresentò un punto di svolta nella percezione dell'incidente di Roswell, poiché per la prima volta veniva portata avanti l'idea che ciò che era stato recuperato nel deserto del Nuovo Messico non fosse di origine terrestre. Il libro presentava le dichiarazioni di numerosi testimoni oculari, tra cui militari e civili, che affermavano di aver visto non solo i rottami di un disco volante, ma addirittura i corpi di esseri extraterrestri. The Roswell Incident riuscì a riaccendere l'interesse del pubblico e degli ufologi sull'episodio, trasformando quello che era stato per anni un evento marginale in un vero e proprio mistero irrisolto.
Le testimonianze
Dopo la riapertura del caso Roswell, avvenuta alla fine degli anni '70, i ricercatori hanno raccolto numerose testimonianze che sembravano contraddire la versione ufficiale fornita dall’esercito il 9 luglio 1947, Queste dichiarazioni, provenienti da militari, civili e familiari dei protagonisti, hanno messo in discussione la spiegazione ufficiale e alimentato l’ipotesi che l’oggetto precipitato fosse in realtà un velivolo non convenzionale. Alcuni testimoni hanno parlato di materiali sconosciuti, altri di corpi recuperati, altri ancora di intimidazioni subite.
Mack Brazel sotto custodia militare

Un elemento centrale del caso Roswell riguarda il trattamento riservato a Mack Brazel da parte dei militari. Diverse testimonianze concordano sul fatto che l’allevatore fu trattenuto dalle autorità a partire dall’8 luglio 1947, subendo interrogatori e pressioni affinché modificasse la propria versione dei fatti. Tra le testimonianze più rilevanti vi fu quella di Bill Brazel, figlio maggiore di Mack, che all’epoca era già sposato e viveva ad Albuquerque con la moglie Shirley. Bill venne a conoscenza dell’incidente dopo aver visto la foto del padre su un giornale locale e si recò al ranch per capire cosa stesse succedendo. Una volta giunto sul posto, però, non trovò nessuno: il padre non era presente, e Bill rimase al ranch per diversi giorni in attesa del suo ritorno. Quando Mack rientrò, tra il 14 e il 16 luglio, appariva provato e molto diverso dal solito. Bill raccontò che il padre si lamentò del trattamento ricevuto dai militari, spiegandogli di essere stato sottoposto a un esame medico completo, interrogato più volte e trattato con durezza, senza avere alcuna libertà di scelta. Bill riferì anche che Mack era chiaramente contrariato per il modo in cui era stato gestito l’intero episodio. Anche la nuora, Shirley Brazel, confermò che da quel momento Mack divenne insolitamente taciturno, mantenendo un assoluto riserbo fino alla sua morte nel 1963.
Un’altra testimonianza significativa fu quella di Marian Strickland, una vicina di casa di Mack Brazel, che raccontò di aver parlato direttamente con lui poco tempo dopo l’accaduto. La donna ricordò come Brazel si fosse confidato con lei nella sua cucina, riferendole di essere stato trattenuto per diversi giorni all’interno della base militare di Roswell, senza avere la possibilità di contattare la propria famiglia né fare ritorno al ranch. Le sue parole lasciarono intendere che non si fosse trattato di una collaborazione volontaria con l’esercito, ma di una vera e propria detenzione, durante la quale fu sottoposto a lunghi interrogatori e fortemente influenzato affinché modificasse la propria versione iniziale dei fatti. Edwin Easley, che all’epoca comandava la Polizia Militare della base di Roswell, confermò la storia di Marian Strickland. In qualità di responsabile della sicurezza interna e della supervisione delle operazioni più riservate, Easley si trovò in una posizione privilegiata per conoscere i dettagli di quanto accadde. Anni dopo, pur senza entrare nei particolari, ammise che Brazel fu effettivamente trattenuto nella base.
Un altro testimone importante fu Frank Joyce, all’epoca annunciatore radiofonico presso la stazione KGFL di Roswell. Joyce fu tra i primi a ricevere informazioni sul ritrovamento grazie a una telefonata del maggiore Jesse Marcel, e contribuì a diffondere la notizia attraverso la radio. Tuttavia, poco dopo venne contattato da un alto ufficiale che lo minacciò apertamente e gli ordinò di allinearsi alla nuova versione ufficiale del pallone sonda. Joyce ricevette forti pressioni e fu costretto a tacere per anni. Un aspetto particolarmente significativo della sua testimonianza riguarda l’incontro diretto con Mack Brazel, che inizialmente aveva rilasciato un’intervista alla radio condotta da Walt Whitmore, proprietario della stazione. Brazel fornì in quell’occasione una versione dei fatti più dettagliata rispetto a quella poi diffusa dai giornali. Tuttavia, l’intervista non venne mai trasmessa: Joyce dichiarò di aver ricevuto l’ordine di distruggerne ogni traccia, e aggiunse che il giorno successivo, il 9 luglio, Mack Brazel si presentò nuovamente alla KGFL, questa volta scortato da militari armati, per rilasciare una nuova intervista in cui raccontò una versione dei fatti completamente diversa rispetto a quella fornita il giorno prima. Quando rivide Mack dopo il 9 luglio, lo trovò spaventato e turbato. Secondo Joyce, l’allevatore gli confidò di essere stato imprigionato e minacciato dai militari, e che non avrebbe più parlato pubblicamente dell’incidente.

Le dichiarazioni di Joyce sono state confermate da Walt Whitmore Jr. e da Judd Roberts, i quali raccontarono ciò che avevano appreso direttamente da Walt Whitmore, padre di Whitmore Jr. e direttore della radio KGFL. Poiché Whitmore morì prima che il caso venisse riesaminato, la sua testimonianza è nota solo indirettamente, tramite i racconti dei due testimoni. Secondo quanto riferirono, Whitmore si recò personalmente al ranch di Mack il 7 luglio per convincerlo a rilasciare un’intervista. Desideroso di proteggerlo dalle crescenti pressioni esterne, lo portò nella propria abitazione, dove Mack rimase nascosto per breve tempo. L’intento di Whitmore era quello di offrirgli un ambiente sicuro in cui potesse esprimersi liberamente. Tuttavia, i militari riuscirono rapidamente a rintracciarlo e lo prelevarono dall’abitazione, portandolo via sotto custodia. Sempre secondo Whitmore Jr. e Roberts, Mack fu sottoposto a lunghi interrogatori, visite mediche e pressioni psicologiche affinché modificasse la sua versione. In seguito, Whitmore ricevette una telefonata da Washington in cui gli fu intimato di non trasmettere l’intervista, pena la revoca della licenza. Dopo questa minaccia, i militari perquisirono le redazioni dei giornali e le stazioni radio della città, sequestrando tutto il materiale relativo all’accaduto. Quando Mack riapparve alla radio KGFL, era sotto scorta armata e raccontò una versione completamente diversa da quella iniziale.

Anche la famiglia dello sceriffo George Wilcox, che fu coinvolto nei primi momenti dell’evento, confermò l’intervento autoritario dei militari. Questi, una volta transennato il campo dei rottami, impedirono l’accesso ai suoi due aiutanti, che però perlustrarono l'area circostante e scoprirono una zona in cui il terreno era annerito, come se un grande oggetto circolare vi si fosse appoggiato, lasciando il suolo indurito. Sebbene Wilcox fosse già deceduto quando il caso venne riaperto, i suoi figli e nipoti fornirono dettagli preziosi di quegli eventi. Phyllis McGuire, una delle figlie di Wilcox, riferì che i militari arrivarono in fretta nell’ufficio dello sceriffo e lo minacciarono. Phyllis, desiderosa di scoprire cosa fosse accaduto, continuò a fare domande al padre, ma sua madre, Inez Wilcox, la esortò a smettere, poiché i militari avevano chiesto a Wilcox di mantenere il silenzio. Un altro familiare dello sceriffo, Jay Tulk, marito di Elizabeth, un'altra delle figlie di Wilcox, ricordò di aver visto molti veicoli militari davanti all'ufficio dello sceriffo subito dopo l’arrivo dei soldati. Quegli avvenimenti scosseri profondamente Wilcox, che da allora perse interesse per il proprio lavoro, al punto da decidere di non ricandidarsi più come sceriffo. Ciò venne confermato da Tommy Thompson, uno dei suoi aiutanti, che parlò di un Wilcox depresso dopo il 1947.
Descrizioni dei rottami
Numerosi testimoni che ebbero modo di osservare da vicino i frammenti recuperati dopo l’incidente di Roswell descrissero materiali assolutamente insoliti, le cui caratteristiche sembravano andare ben oltre quelle delle tecnologie note all’epoca. Tra queste testimonianze, alcune risultano particolarmente significative sia per la coerenza dei dettagli forniti, sia per l’autorevolezza dei soggetti coinvolti.

Una delle testimonianze più celebri è quella di Jesse Marcel Jr, figlio del maggiore Jesse Marcel, che all’epoca dei fatti aveva soltanto undici anni. Egli raccontò in numerose occasioni ciò che vide a casa sua quando il padre rientrò con alcuni frammenti dell’oggetto ritrovato nel ranch di Mack Brazel. Marcel Sr mostrò a lui e a sua madre alcuni pezzi dei detriti, che il giovane Jesse descrisse come assolutamente fuori dal comune. L’episodio, avvenuto nella notte tra il 7 e l’8 luglio 1947, lasciò un’impronta profonda nella sua memoria. Tra i frammenti, quello che più lo colpì fu una sorta di asta metallica, leggera come il legno di balsa, sulla quale erano incisi simboli simili a geroglifici ma non riconducibili a nessuna lingua conosciuta. Nonostante la giovane età, questi dettagli gli rimasero impressi, e nel corso degli anni ribadì sempre che quei materiali non potevano appartenere a un pallone meteorologico. La sua descrizione rimase sostanzialmente invariata nel tempo, e venne spesso citata come una delle prove più forti a sostegno dell’ipotesi extraterrestre.
Un’altra testimonianza estremamente interessante è quella di Bill Brazel, che oltre ad aver parlato di come suo padre fosse stato tenuto in custodia dalle autorità, dichiarò anche di essere entrato in possesso di alcuni frammenti dei rottami, sfuggiti alla raccolta sistematica effettuata dai militari. La sua descrizione dei materiali risultò sorprendentemente simile a quella fornita da Jesse Marcel e da suo figlio: si trattava di piccoli pezzi di metallo grigio, leggerissimi come il legno di balsa ma straordinariamente resistenti. Tra i frammenti, Bill menzionò una sottile lamina metallica lunga circa quindici centimetri, leggermente flessibile, e altre lamine composte da una lega sconosciuta. Un dettaglio particolarmente significativo riguarda le proprietà di queste lamine: secondo quanto riferì, dopo averne piegato alcune e averle messe in tasca, notò con stupore che, una volta estratte, esse si erano dispiegate da sole, tornando perfettamente piatte. Un comportamento apparentemente incompatibile con i materiali disponibili nel 1947. Oltre a questi frammenti metallici, Bill raccontò di aver trovato anche uno strano filo trasparente, che paragonò a un grosso filo da pesca in nylon, ma che oggi potrebbe essere interpretato come qualcosa di simile ad una fibra ottica. Tutti questi elementi conferiscono alle sue dichiarazioni un valore documentale di rilievo. Tuttavia, dopo aver mostrato tali frammenti ad alcuni conoscenti a Corona, la notizia giunse rapidamente ai militari. Questi si presentarono a casa sua e, senza mezzi termini, lo intimarono a consegnare ogni frammento in suo possesso. Di fronte alla pressione esercitata, Bill Brazel decise di obbedire.
Un'ulteriore testimonianza significativa proviene da Sally Strickland Tadolini, figlia di Marian Strickland. Sally, che nel luglio del 1947 aveva nove anni, ricordò con chiarezza l’agitazione che si diffuse tra i vicini quando cominciarono a circolare le voci sul ritrovamento di strani rottami nei pascoli del Foster Ranch. Ricordò inoltre che, successivamente, tra i vicini si iniziò a discutere di quanto Mack Brazel fosse stato maltrattato: al suo ritorno al ranch appariva profondamente scosso e non volle più parlare di ciò che aveva trovato. Circa una settimana dopo questi eventi, Bill Brazel si presentò alla fattoria degli Strickland, si sedette a tavola con alcuni membri della famiglia e mostrò loro un frammento di ciò che il padre aveva rinvenuto nel campo, raccomandando con insistenza di non parlarne con nessuno. Il pezzo mostrato da Bill colpì profondamente Sally. Il frammento appariva simile a un tessuto, ma la sua natura era ambigua: ricordava al tempo stesso una lamina d’alluminio, il raso e il cuoio finemente conciato, senza però essere esattamente nessuna di queste cose. Era sottile come la pelle di un guanto da donna, di forma irregolare e trapezoidale, probabilmente grande circa dieci centimetri per venti. La superficie era di un grigio metallico lucente, con un lato leggermente più scuro dell’altro, priva di incisioni o disegni visibili. Quando veniva accartocciato tra le mani, la sensazione era simile a quella che si prova stringendo un guanto di pelle: dava un’impressione di resistenza e compattezza. Una volta rilasciato, il materiale tornava immediatamente piatto, senza lasciare pieghe. Gli adulti e i ragazzi presenti si passarono il frammento tra le mani, lo stropicciarono, lo tesero per verificarne la consistenza e alcuni provarono anche a farlo “scattare” come un tessuto ben teso. Nessuno, però, tentò di tagliarlo o strapparlo. Sally — ormai adulta al momento della sua dichiarazione — sottolineò che, in tutta la sua vita, non aveva mai più toccato nulla di simile
Di particolare interesse risulta anche la testimonianza di Loretta Proctor, vicina di casa di Mack Brazel, che all’epoca abitava con il marito Floyd a circa 13 chilometri dal ranch Foster. Secondo quanto dichiarato in una testimonianza firmata al Fund for UFO Research (FUFOR), nel luglio del 1947 Brazel si recò alla loro fattoria accompagnato dal piccolo Dee Proctor (Timothy D. Proctor), e mostrò loro un frammento di materiale che aveva trovato tra dei misteriosi rottami sparsi nella proprietà che gestiva. Si trattava di un oggetto marroncino, con caratteristiche simili a quelle della plastica, ma molto più leggero e flessibile. Sia lei che suo marito cercarono di piegarlo e di danneggiarlo, ma non ebbero alcun successo. Poi, Brazel le disse di aver trovato altri frammenti ancora più singolari: lamine dall’aspetto simile all’alluminio che, nonostante l’apparenza, non si ammaccavano né potevano essere bruciate. Sebbene la signora Proctor non abbia visto direttamente questi ultimi frammenti, disse chiaramente che il pezzo che le fu mostrato non assomigliava in alcun modo a ciò che avrebbe potuto far parte di un normale pallone meteorologico. A suo dire, né lei né Brazel avevano mai visto nulla di simile, pur avendo già visto diversi palloni meteorologici prima dell'incidente. Secondo quanto aggiunse, Brazel era un uomo onesto, riservato e pragmatico, non incline a invenzioni o fantasie.
Un’ulteriore figura chiave fu il capitano Sheridan Cavitt, membro del Counter Intelligence Corps (CIC), un gruppo composto da quattro persone, il cui principale assistente era il sergente maggiore Lewis Rickett. Jesse Marcel raccontò che, una volta tornato da Fort Worth — dove erano stati presentati ai giornalisti i resti del presunto pallone — incontrò Cavitt e gli chiese di fargli rapporto sul caso. Cavitt si rifiutò. Marcel, contrariato, gli ricordò di essere il suo superiore, ma Cavitt rispose dicendogli che stava semplicemente seguendo ordini provenienti da Washington e che, se voleva saperne di più, avrebbe dovuto rivolgersi direttamente a quella sede. Purtroppo, Cavitt fu sempre reticente, anche molti anni dopo: intervistato tra il 1989 e il 1990, negò ripetutamente di essersi recato sul posto, ma nel 1994, una volta liberato dal giuramento e interrogato dall’Aeronautica Militare — che stava preparando un nuovo rapporto sull’incidente di Roswell — ammise di esserci stato, confermando però la versione ufficiale secondo cui si trattava dei resti di un pallone sonda.
Più disponibile fu invece il sergente maggiore Lewis Rickett, che rilasciò delle dichiarazioni a Mark Rodeghier, presidente e direttore scientifico del Center for UFO Studies, affermando che il capitano Cavitt lo portò sul posto, dove poté osservare la fase finale dello sgombero dei rottami. Sul luogo erano presenti quattro o cinque veicoli militari e degli uomini della Polizia Militare che verificarono le loro credenziali. Diversamente dai vice dello sceriffo di Roswell, ai quali venne negato l’accesso, Rickett e Cavitt ebbero l’autorizzazione a entrare. Un gruppo di militari era radunato nel punto in cui si presumeva fosse avvenuto l’impatto, mentre un’altra trentina di uomini presidiava il perimetro, impedendo l’accesso ai non autorizzati. C’erano ancora molti rottami sparsi sul terreno. Rickett notò che si trattava di materiali molto leggeri, lunghi circa trenta centimetri e larghi una quindicina — una descrizione coerente con quella fornita da altri testimoni. Era un materiale sottile ma estremamente resistente. Rickett cercò di ottenere spiegazioni dagli addetti presenti, ma nessuno gli rispose. Poco dopo, Cavitt gli si avvicinò e gli disse: "Lei e io non siamo mai venuti qui, e qui non ci sono militari".
Uno degli snodi centrali del caso Roswell fu la conferenza stampa tenutasi a Fort Worth il 9 luglio 1947. Le fotografie pubblicate dai giornali in quell’occasione vennero analizzate da vari esperti, che identificarono senza esitazione i rottami mostrati come frammenti di un riflettore radar, componente di un comune pallone meteorologico. Tuttavia, le descrizioni fornite dal maggiore Jesse Marcel e da altri testimoni parlavano di materiali ben diversi, dalle caratteristiche insolite e apparentemente non convenzionali. Secondo i Kevin Randle e Donald Schmitt, ciò che venne esibito ai giornalisti non corrispondeva ai veri rottami, che sarebbero stati sostituiti con resti di un banale pallone sonda. Non tutti, però, condivisero questa ricostruzione. Alcuni — in particolare gli scettici più radicali dell’ipotesi extraterrestre — sostennero che i rottami mostrati alla stampa fossero autentici, ma questa ipotesi viene smentita dalle dichiarazioni del generale Thomas Jefferson DuBose, un testimone chiave della vicenda.
DuBose, che nel 1947 ricopriva il grado di colonnello e fungeva da capo di stato maggiore del generale Ramey, rilasciò varie interviste tra il 1990 e il 1991, quando si trovava in pensione in Florida e aveva già 87 anni. Secondo quanto raccontò, l’8 luglio, tra le due e le tre del pomeriggio, ricevette una telefonata dal generale Clements McMullen, il quale lo informò che presso la base di Roswell erano stati recuperati dei rottami appartenenti a un velivolo sconosciuto. McMullen gli ordinò di far sì che il colonnello Blanchard ne inviasse immediatamente una parte a Fort Worth, e successivamente a Washington. DuBose riferì di aver ricevuto i rottami all’interno di un sacco di plastica sigillato, dal peso stimato tra gli otto e i dieci chili. Il sacco venne affidato al colonnello Al Clark, comandante della base di Fort Worth, che lo portò personalmente a Washington, senza aprirlo. Subito dopo, McMullen ordinò a DuBose di dimenticare l’intera faccenda e di non parlarne mai con nessuno, nemmeno con i familiari. A proposito degli avvenimenti dell’8 luglio, DuBose fu molto chiaro: la storia del pallone meteorologico fu costruita ad arte per allontanare i giornalisti, e fu lo stesso McMullen a ordinare a Ramey di organizzare la messinscena. Egli confermò esplicitamente che i rottami mostrati nell’ufficio del generale Ramey non erano quelli veri.
DuBose dichiarò anche di non aver mai visto i veri rottami. Secondo lui, quelli autentici non vennero mai portati nell’ufficio di Ramey, a differenza di quanto ha lasciato Jesse Marcel in alcune interviste. Per chiarire meglio la questione, Randle e Schmitt interpellarono Stanton Friedman, che nel 1978 aveva intervistato più volte Marcel. Friedman affermò che Marcel non aveva mai menzionato le fotografie scattate durante la conferenza stampa. Neppure Leonard Stringfield, che lo intervistò nell’aprile dello stesso anno, ne ricevette notizia. Stringfield osservò che se fossero esistite fotografie dei veri rottami, Marcel le avrebbe segnalate, cosa che però non fece mai. I due ricercatori citarono anche il giornalista Johnny Mann, che realizzò con Marcel una serie di cinque trasmissioni televisive. In quelle occasioni, Marcel affermò con chiarezza che le fotografie mostrate alla stampa nel 1947 facevano parte di una messa in scena, e che i rottami immortalati non erano quelli che egli aveva trasportato a Fort Worth.
Oltre al maggiore Jesse Marcel, anche altri membri dell’equipaggio del B-29 che decollò da Roswell per Fort Worth rilasciarono in seguito dichiarazioni sul trasporto dei rottami. Tra questi, particolarmente rilevante è la testimonianza di Robert Porter, tecnico dell’equipaggio, che il 7 giugno 1991 redasse una deposizione scritta e firmata (affidavit) per la Fund for UFO Research (FUFOR). Porter raccontò di aver fatto parte del team incaricato di trasportare, a bordo del B-29, il carico recuperato nei pressi del Foster Ranch. Al momento dell'imbarco, venne loro riferito che si trattava di resti provenienti da un disco volante. Tra gli ufficiali presenti sul volo vi erano figure di rilievo della base di Roswell: il tenente colonnello Payne Jennings, che ne era il comandante in seconda; il tenente colonnello Barrowclough; il comandante Wunderlich; e naturalmente il maggiore Jesse Marcel. Il capitano William Anderson, anch’egli presente, confermò che il materiale che stavano per trasportare era stato classificato come proveniente da un disco volante.
Una volta giunti a Fort Worth, i rottami vennero subito trasferiti su un altro velivolo, un B-25, per essere spediti a Wright Field. Porter affermò di aver personalmente aiutato a caricare il materiale sul B-29. I rottami erano stati confezionati in pacchetti avvolti con carta da imballaggio scura, fissata con nastro adesivo. Uno dei pezzi aveva una forma triangolare, con una base larga circa due piedi e mezzo (all’incirca 75 centimetri). Gli altri frammenti erano contenuti in pacchi delle dimensioni di una scatola da scarpe. Tutto il materiale era estremamente leggero: Porter raccontò di aver avuto la netta sensazione, tenendolo in mano, che fosse quasi vuoto. Il carico era così compatto che sarebbe potuto comodamente entrare nel portabagagli di una normale automobile. Dopo l’atterraggio a Fort Worth, il colonnello Jennings ordinò all’equipaggio di occuparsi della manutenzione dell’aereo. Disse anche che, una volta predisposta una sorveglianza armata, avrebbero potuto andare a mangiare. Quando rientrarono, dopo aver pranzato, vennero informati che il materiale era già stato trasferito sul B-25. A quel punto, qualcuno disse loro che si trattava semplicemente di un pallone meteorologico — ma Porter, pur riportando quella spiegazione, dichiarò di non esserne mai stato pienamente convinto.
Il secondo sito d'impatto e i corpi
Testimonianze controverse
Philip J. Corso

Tra i personaggi più controversi legati al panorama di Roswell si può annoverare Philip J. Corso (22 maggio 1915 – 16 luglio 1998). Corso fu un ufficiale dell'esercito statunitense che, negli ultimi anni della sua vita, fece delle affermazioni straordinarie riguardanti l'incidente di Roswell e il coinvolgimento del governo degli Stati Uniti nella gestione della tecnologia aliena recuperata nel 1947. Le dichiarazioni di Corso, contenute nel suo libro The Day After Roswell (1997), scossero profondamente la comunità ufologica e sollevarono numerosi dubbi tra i più scettici, aprendo un dibattito che continua ancora oggi.
Corso sostenne di aver avuto accesso diretto ai materiali recuperati dal sito dello schianto di Roswell mentre lavorava al Pentagono nei primi anni '60. Secondo il suo racconto, questi materiali alieni sarebbero stati segretamente distribuiti a diverse aziende americane, contribuendo allo sviluppo di numerose tecnologie rivoluzionarie. Corso affermò che tecnologie come i circuiti integrati, le fibre ottiche, i visori notturni e persino i laser furono direttamente derivate dall'ingegneria inversa applicata ai reperti alieni di Roswell. Corso dichiarò che il suo ruolo fosse quello di distribuire questi manufatti alle aziende americane più promettenti, presentandoli come tecnologie straniere catturate, al fine di stimolare l'innovazione e mantenere il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti durante la Guerra Fredda. Secondo Corso, i materiali recuperati a Roswell includevano non solo frammenti del veicolo spaziale, ma anche dispositivi elettronici avanzati e persino resti biologici degli occupanti alieni. Egli descrisse questi esseri come piccoli, con teste grandi e occhi a mandorla. Corso, inoltre, sostenne che il recupero della tecnologia aliena diede vita a un programma governativo segreto chiamato Project Horizon, che avrebbe avuto lo scopo di stabilire una base lunare permanente utilizzando la tecnologia aliena recuperata. Questo programma, secondo Corso, sarebbe stato la vera motivazione dietro la corsa allo spazio e l'allunaggio del 1969.
Tuttavia, le affermazioni di Corso presentano numerosi problemi, e non a caso sono state fatte oggetto di critiche da molti scettici. Un'analisi approfondita rivela che molte delle innovazioni che Corso attribuì all'ingegneria inversa di materiali extraterrestri sono in realtà il risultato di sviluppi scientifici terrestri ben documentati, alcuni dei quali precedenti all'incidente di Roswell. Ad esempio, contrariamente a quanto sostenuto da Corso, la tecnologia dei visori notturni era già disponibile prima del 1947. La Germania nazista, infatti, sviluppò e impiegò il visore notturno IR Zielgerät ZG 1229 Vampir nel febbraio del 1945, due anni prima dell'incidente di Roswell. Similmente, l'attribuzione dell'invenzione dei transistor a tecniche di ingegneria inversa applicate su materiali di origine aliena ignora il contributo fondamentale di Nikola Tesla, che pose le basi teoriche per questa tecnologia già alla fine del XIX secolo. Lo sviluppo dei transistor rappresentò quindi una naturale evoluzione della ricerca scientifica terrestre, piuttosto che un'improvvisa acquisizione di conoscenze extraterrestri. Anche nel campo delle fibre ottiche, le affermazioni di Corso si scontrano con la realtà storica. Nel 1930, lo scienziato ebreo tedesco Heinrich Lamm aveva già dimostrato la possibilità di trasmettere immagini attraverso fibre ottiche, gettando le basi per il loro utilizzo in medicina e nelle telecomunicazioni. Questo lavoro pionieristico, interrotto dall'ascesa di Hitler al potere e dalla conseguente emigrazione di Lamm negli Stati Uniti, rimase a disposizione del regime nazista che continuò a svilupparla, sviluppo che si concluse con l'inaugurazione del primo sistema videotelefonico del mondo a Berlino nel 1936, che utilizzava duecento chilometri di cavi coassiali broadband.
È importante rilevare che Corso era consapevole degli sviluppi tecnologici nazisti. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, infatti, egli collaborò attivamente alla "ratline", un'operazione segreta che facilitò la fuga di migliaia di nazisti dall'Europa, fornendo loro nuove identità. Durante queste operazioni, Corso lavorò a stretto contatto con figure di alto profilo, incluso Giovanni Montini, futuro Papa Paolo VI, che collaborò con i servizi segreti americani nell'organizzazione di queste fughe. Il coinvolgimento di Corso nelle operazioni post-belliche solleva ulteriori dubbi sulla credibilità delle sue affermazioni riguardo alla tecnologia aliena. Avendo avuto accesso a informazioni riservate sulle acquisizioni tecnologiche tedesche e la loro successiva integrazione nei programmi militari statunitensi, Corso era in una posizione privilegiata per conoscere l'origine terrestre di molte delle innovazioni che successivamente avrebbe attribuito a fonti extraterrestri.

Ma le affermazioni di Corso hanno trovato opposizione non solo fra gli scettici del fenomeno UFO, bensì anche fra alcuni ufologi. Alcuni studiosi, pur adottando l'ipotesi extraterrestre come una valida spiegazione per gli eventi di Roswell, e pur accettando la possibilità che il governo e l'esercito degli Stati Uniti possano effettivamente aver provato ad applicare tecniche di ingegneria inversa sui materiali alieni recuperati nel 1947, si oppongono alle affermazioni di Corso e, più in generale, all'idea che gli sviluppi tecnologici del XX secolo siano stati influenzati dalla tecnologia aliena recuperata dall'incidente di Roswell o da altri eventuali incidenti UFO. Essi argomentano che la disparità tecnologica tra una civiltà extraterrestre capace di viaggi interstellari e la tecnologia umana degli anni '40 sarebbe verosimilmente abissale. Sostengono che una tale civiltà avrebbe probabilmente raggiunto un livello di sviluppo scientifico e tecnologico superiore a quello umano di centinaia di migliaia, se non milioni di anni, e in questo contesto ritengono altamente improbabile che gli scienziati terrestri potessero comprendere e replicare tale tecnologia negli anni '40, '50 e '60. Gli scettici delle affermazioni di Corso sottolineano inoltre che il processo di ingegneria inversa richiede una base di conoscenze scientifiche e tecnologiche sufficientemente avanzata per comprendere i principi di funzionamento dell'oggetto in esame, e rilevano che, nel caso di tecnologia aliena, i principi fisici, i materiali e i metodi di fabbricazione utilizzati sarebbero completamente al di fuori del paradigma scientifico terrestre dell'epoca, e forse anche di quello attuale. Per illustrare la complessità di questo compito, alcuni scettici propongono un'analogia: aspettarsi di replicare con successo la tecnologia aliena, a loro dire, sarebbe come aspettarsi che un antico sumero riesca a comprendere il funzionamento di un moderno supercomputer e a replicarlo. Nonostante l'intelligenza e l'ingegnosità dei sumeri, la mancanza di conoscenze fondamentali in campi come l'elettronica, la fisica quantistica e la scienza dei materiali renderebbe il compito praticamente impossibile.
L'autopsia aliena
Nonostante l'autenticità dei documenti che fanno riferimento all'incidente di Roswell — inteso come schianto di un'astronave extraterrestre — sia stata oggetto di dibattito, molti pensavano di aver trovato la prova definitiva in un filmato, la cosiddetta "Autopsia Aliena". Questa presunta registrazione di un'autopsia eseguita su un essere extraterrestre ha catturato l'immaginazione del pubblico e scatenato intense discussioni nella comunità ufologica, prima di essere definitivamente smascherata come un elaborato falso.

La storia dell'autopsia aliena iniziò nel 1995, quando l'imprenditore e produttore televisivo britannico Ray Santilli annunciò di possedere un filmato straordinario. Santilli affermò di aver acquistato il filmato da un ex cameraman militare che aveva lavorato per l'esercito degli Stati Uniti negli anni '40. Secondo il racconto di Santilli, il cameraman aveva filmato l'autopsia di un alieno recuperato dal luogo dello schianto di Roswell. Il filmato in bianco e nero, della durata di 17 minuti, mostrava quella che sembrava essere l'autopsia di una creatura umanoide con caratteristiche insolite. Il corpo presentava una grande testa, occhi neri, sei dita per mano e varie anomalie anatomiche. L'autopsia veniva eseguita da figure in tute protettive, in quello che sembrava essere un ambiente militare o medico. L'annuncio di Santilli creò immediatamente un'ondata di interesse e speculazioni. Il filmato fu trasmesso per la prima volta in televisione nell'agosto del 1995 nel programma Alien Autopsy: Fact or Fiction? della Fox Television. Lo speciale televisivo ottenne ascolti record e fu successivamente trasmesso in oltre 30 paesi in tutto il mondo.
Nella comunità ufologica, le reazioni furono contrastanti. Alcuni ricercatori e appassionati di UFO accolsero il filmato con entusiasmo, vedendolo come la prova tanto attesa dell'esistenza degli extraterrestri e della copertura governativa dell'incidente di Roswell. Altri, invece, si mostrarono immediatamente scettici, sottolineando varie incongruenze e anomalie nel filmato. Gli scettici sollevarono diversi punti critici. Innanzitutto, la qualità dell'immagine era sorprendentemente buona per un filmato presumibilmente girato nel 1947, e il movimento della telecamera sembrava troppo fluido per l'attrezzatura dell'epoca. Inoltre, le procedure mediche mostrate non sembravano corrispondere alle pratiche standard degli anni '40. Alcuni esperti di effetti speciali notarono che il corpo alieno aveva caratteristiche che ricordavano più i modelli di creature utilizzati nei film di fantascienza moderni che le descrizioni degli alieni riportate nei resoconti di Roswell. Nonostante questi dubbi, il dibattito sull'autenticità del filmato continuò per diversi anni. Santilli e i suoi sostenitori difesero strenuamente la veridicità del filmato, fornendo varie spiegazioni per le incongruenze rilevate. Affermarono, ad esempio, che il filmato originale era danneggiato e che alcune parti erano state ricostruite, giustificando così alcune delle anomalie visive. Nel frattempo, l'interesse per il filmato non accennava a diminuire. Documentari, libri e articoli continuarono a esplorare la possibilità che l'autopsia aliena fosse autentica. Il filmato divenne un elemento centrale nelle discussioni sull'incidente di Roswel. Tuttavia, con il passare del tempo, le prove contro l'autenticità del filmato si accumularono. Analisi forensi più approfondite rivelarono ulteriori incongruenze. Ad esempio, alcuni oggetti visibili nel filmato non erano coerenti con il periodo storico in cui l'autopsia sarebbe stata effettuata. Inoltre, nessun esperto militare o medico dell'epoca fu in grado di confermare l'autenticità delle procedure o dell'ambiente mostrati nel filmato.
La svolta definitiva arrivò nel 2006, quando Santilli ammise finalmente che il filmato era in gran parte una ricostruzione. In un'intervista, rivelò che solo una piccola parte del presunto filmato originale era autentica, mentre la maggior parte di ciò che era stato mostrato al pubblico era in realtà una "ricostruzione" basata su suoi ricordi del filmato originale, che sosteneva di aver visto ma che era troppo degradato per essere utilizzato. Santilli affermò di aver collaborato con il regista ed esperto di effetti speciali John Humphreys per creare la "ricostruzione". Humphreys confermò il suo coinvolgimento, rivelando i dettagli su come avevano realizzato il filmato falso. Il corpo alieno era in realtà un modello in lattice riempito con interiora di agnello e pollo acquistate da un macellaio locale. La scena dell'autopsia era stata girata in un appartamento londinese trasformato in un set improvvisato. Questa confessione segnò la fine definitiva del mito dell'autopsia aliena di Santilli. La comunità ufologica reagì con una miscela di delusione, rabbia e, in alcuni casi, imbarazzo per aver sostenuto l'autenticità del filmato.
La nuova spiegazione ufficiale

Nel 1994, a quasi cinquant'anni dall'incidente, l'Aeronautica Militare statunitense pubblicò un nuovo rapporto con l’intento di fornire una spiegazione definitiva e credibile su quanto accadde nel luglio del 1947. La crescente pressione esercitata da testimoni, ricercatori e opinione pubblica, alimentata anche dall'interesse mediatico, spinse le autorità a riformulare la spiegazione ufficiale, cercando di superare l’insufficiente tesi del semplice pallone meteorologico, che non era riuscita a chiarire i dettagli più complessi riportati da numerosi testimoni. Il nuovo rapporto, intitolato The Roswell Report: Fact versus Fiction in the New Mexico Desert, attribuiva l’intera vicenda allo schianto di un gruppo di palloni sonda appartenenti al cosiddetto Progetto Mogul, un programma segreto ideato con l'obiettivo di monitorare le esplosioni nucleari sovietiche tramite sofisticati palloni aerostatici ad alta quota. Più specificamente, il rapporto sostiene che i detriti appartenessero ai bersagli radar di alluminio e mylar e alle asticelle di legno attaccati al cosiddetto Volo n.4, un gruppo di palloni meteorologici lanciato dalla base di Alamogordo il 4 giugno 1947. Poiché il Progetto Mpgul era avvolto da un alto livello di segretezza, ciò giustificherebbe, a detta delle autorità, il riserbo con cui vennero condotte le operazioni di recupero, l’immediato intervento delle alte sfere di Washington e le intimidazioni rivolte ai testimoni.
Sebbene questa spiegazione sia risultata convincente per molti scettici, indagini più approfondite da parte degli ufologi hanno rivelato numerose incongruenze. Innanzitutto, non esiste alcuna documentazione che indichi in modo conclusivo che il Volo n. 4 sia stato effettivamente lanciato e, anzi, esistono numerose prove documentarie che sembrano dimostrare esattamente il contrario. Ad esempio, il diario di Albert Crary, che ricoprì il ruolo di direttore scientifico del Progetto Mogul, indica chiaramente che il volo programmato per il 4 giugno venne cancellato a causa di condizioni meteorologiche avverse. Nel diario si legge:
Dunque, il diario di Crary indica chiaramente che il volo ufficiale programmato per il 4 giugno 1947 — che avrebbe dovuto impiegare l’intera strumentazione necessaria per rilevamenti ad alta quota — venne cancellato a causa delle condizioni meteorologiche sfavorevoli. Al suo posto, venne effettuato un semplice test a bassa quota, che prevedeva l’impiego di un grappolo di palloni e di una boa sonica, e che si svolse in un’area prossima alla base, senza mai raggiungere le altitudini normalmente previste dai lanci completi del Progetto Mogul.
Come risulta dalla documentazione disponibile, il personale scientifico e tecnico del Progetto Mogul aveva l’abitudine di riutilizzare i materiali avanzati da voli annullati. Quando un volo ufficiale veniva cancellato — per esempio a causa del maltempo — i palloni già preparati, così come altri componenti secondari, venivano frequentemente recuperati e impiegati per piccoli esperimenti, di solito a bassa quota e senza l’ausilio dei bersagli radar o di altri strumenti di precisione. Nel caso specifico del 4 giugno, ciò che fu effettivamente lanciato non fu il Volo n. 4 così come era stato pianificato, bensì una versione ridotta e priva della strumentazione chiave. Questo fatto è di estrema rilevanza, poiché i detriti ritrovati nel ranch di Mack Brazel vennero descritti dai testimoni come frammenti metallici leggeri e riflettenti, e in effetti il rapporto ufficiale dell’Aeronautica Militare del 1994 sostenne che quei frammenti corrispondessero proprio ai bersagli radar utilizzati nei gruppi di palloni del Progetto Mogul. Ma, dal momento che nel test del 4 giugno tali bersagli non furono impiegati, non è possibile sostenere che essi abbiano generato i resti metallici scoperti da Brazel ed esaminati da Jesse Marcel. Inoltre, a conferma del fatto che il test del 4 giugno non comprendesse bersagli radar attaccati ai palloni c'è anche la testimonianza di Charles Moore, l'assistente di Albert Crary, il quale spiegò a Kevin Randle che il Volo n. 4 era strutturato nella stessa maniera del Volo n. 5, il quale a sua volta non comprendeva alcun bersaglio radar. Randle scrisse:
Inoltre, è importante sottolineare che, trattandosi di un esperimento condotto a bassa quota, il grappolo di palloni lanciato il 4 giugno non avrebbe potuto percorrere una distanza significativa, né tantomeno raggiungere l’area del Foster Ranch. E anche ammettendo per ipotesi che alcuni dei palloni si siano allontanati oltre il previsto, l'assenza di bersagli radar rende comunque impossibile spiegare l’origine dei frammenti riflettenti descritti da Jesse Marcel e dagli altri testimoni. La versione ufficiale, che collega quei materiali al Volo n. 4, risulta dunque incoerente sia dal punto di vista tecnico che documentale.

Altra incongruenza emerse quando l'Aeronautica Militare pubblicò un secondo rapporto sul caso Roswell nel 1997, in cui cercò di giustificare le numerose testimonianze relative al ritrovamento di corpi non umani presso il sito dell'incidente. La tesi presentata nel nuovo rapporto sosteneva che i testimoni avessero confuso quei corpi con i "dummies", manichini utilizzati nei crash test aeronautici. Questi manichini, che venivano lanciati da palloni aerostatici ad alta quota, erano progettati per simulare gli effetti di impatti su esseri umani, e avevano un aspetto vagamente umanoide. Tuttavia, la cronologia di questi crash test non coincide con il periodo dell'incidente di Roswell, dato che tali esperimenti iniziarono solo negli anni '50, diversi anni dopo i fatti del 1947. Per giustificare questa discrepanza, l'Aeronautica Militare introdusse il concetto di "compressione temporale", ovvero l'idea che i testimoni abbiano fuso eventi separati nel tempo. Secondo questa spiegazione, i ricordi dei testimoni si sarebbero mescolati, creando una narrativa apparentemente coerente ma, in realtà, errata. In particolare, alcuni scettici hanno evidenziato il fatto che nel 1956 un aereo cisterna si schiantò a pochi chilometri da Roswell, incendiandosi e uccidendo gli 11 membri dell'equipaggio, alcuni dei quali furono trasportati in ospedale e sottoposti ad autopsia. Secondo alcuni, i testimoni potrebbero aver riunito i fatti del 1947 e del 1956 in un unico evento. Tuttavia, sebbene questa spiegazione possa piegare alcune delle testimonianze, appare irrealistico pensare che tutti coloro che hanno parlato del ritrovamento di corpi alieni siano stati soggetti a questo tipo di confusione. Inoltre, la descrizione fornita dai testimoni oculari, che parlavano di esseri piccoli, con pelle grigio-rosata, occhi grandi e arti sottili, non corrisponde affatto all'aspetto dei manichini in lattice e metallo usati nei test aeronautici.
Altro aspetto problematico della spiegazione fornita nel 1994 riguarda la gestione dei documenti relativi all'incidente. Il rapporto del General Accounting Office (GAO), pubblicato anch’esso nel 1994, confermava che numerosi documenti ufficiali relativi alla base militare di Roswell e alle operazioni svolte nel luglio 1947 risultavano inspiegabilmente distrutti o mancanti. Questa assenza di prove documentali alimentò ulteriormente la teoria secondo cui il governo stesse deliberatamente cercando di nascondere qualcosa. Secondo il rapporto del GAO, i documenti amministrativi e i messaggi trasmessi dalla base di Roswell durante il periodo cruciale dell'incidente furono distrutti senza lasciare traccia di chi ne avesse autorizzato la distruzione o di quando essa fosse avvenuta. Questo dato è particolarmente significativo se si considera che, in altri contesti, i registri militari dell'epoca risultano generalmente completi.
Le teorie alternative
Nel corso degli anni, l'incidente di Roswell ha stimolato la nascita di numerose teorie alternative, che si discostano sia dalle spiegazioni ufficiali che dall'ipotesi dello schianto extraterrestre. Diversi ricercatori e studiosi hanno proposto interpretazioni che cercano di offrire una nuova prospettiva sugli eventi che circondano l'incidente. Queste teorie spaziano da ipotesi legate a progetti militari segreti a scenari che coinvolgono vaste operazioni di disinformazione e guerra psicologica. Pur variando notevolmente nei dettagli, queste teorie alternative condividono il tentativo di fornire una spiegazione che vada oltre le narrazioni convenzionali, ma che al contempo siano in grado di superare anche la classica ipotesi extraterrestre, riflettendo il persistente mistero che circonda l'incidente di Roswell.

Ad esempio, Marco Pizzuti, nel suo libro Incontri ravvicinati non autorizzati (2017), propone una teoria alternativa per spiegare sia gli eventi accaduti a Roswell che il fenomeno UFO in generale. Il punto di partenza della sua analisi si basa sulle scoperte di Nikola Tesla, una figura centrale nel suo ragionamento. Tesla è descritto da Pizzuti come uno scienziato incompreso, il cui genio avrebbe gettato le basi per tecnologie rivoluzionarie, tra cui, secondo Pizzuti, anche i famosi dischi volanti. Tesla era convinto che la gravità non fosse una forza indipendente, ma il risultato di interazioni elettromagnetiche con l’etere, un concetto che sfidava le teorie fisiche dominanti del suo tempo. Pizzuti sostiene che molte delle scoperte di Tesla, in particolare la sua teoria sull'energia del vuoto, siano state ignorate intenzionalmente dall’establishment scientifico, ma abbiano in realtà gettato le basi per sviluppi tecnologici straordinari che sarebbero stati successivamente occultati per proteggere interessi economici e politici. Tesla, secondo Pizzuti, non solo avrebbe scoperto principi fisici che avrebbero reso possibile una forma di propulsione completamente diversa da quella basata sui combustibili fossili, ma avrebbe anche progettato una macchina volante che operava senza l’uso di carburante convenzionale. I suoi progetti per macchine elettromagnetiche, capaci di sfruttare l’energia presente nell’etere, sono visti da Pizzuti come fondamentale per comprendere il fenomeno dei dischi volanti. In effetti, Tesla aveva ipotizzato la costruzione di un velivolo capace di muoversi utilizzando l'energia libera presente nell'etere, annullando gli effetti della gravità e permettendo una libertà di movimento impossibile per i mezzi convenzionali dell'epoca. Queste macchine, secondo Pizzuti, rappresentano il primo vero prototipo dei dischi volanti avvistati sia durante che dopo la Seconda Guerra Mondiale.
La teoria di Pizzuti si allaccia quindi strettamente alle scoperte di Tesla, avanzando l’idea che i velivoli non convenzionali avvistati nel corso del XX secolo non fossero affatto alieni, ma piuttosto il risultato di programmi segreti. Pizzuti suggerisce che dopo la morte di Tesla, molte delle sue invenzioni e teorie furono acquisite dal governo degli Stati Uniti e successivamente sviluppate in segreto, forse anche grazie alla collaborazione con scienziati nazisti trasferiti in America tramite l’Operazione Paperclip. Questa operazione, avvenuta alla fine della Seconda Guerra Mondiale, portò negli Stati Uniti alcuni dei migliori ingegneri e fisici tedeschi, tra cui esperti in aeronautica avanzata. Secondo Pizzuti, questi scienziati avrebbero contribuito a perfezionare la tecnologia dei dischi volanti basata sui principi antigravitazionali teorizzati da Tesla.
In questo contesto, l'incidente di Roswell assume per Pizzuti una nuova connotazione. Egli ritiene che il velivolo che si schiantò nei pressi di Roswell non fosse affatto di origine extraterrestre, ma piuttosto un dispositivo sperimentale terrestre, sviluppato in segreto dal governo statunitense utilizzando le tecnologie derivate dagli studi di Tesla e dai progetti avanzati della Germania nazista. In particolare, Pizzuti si concentra su come la versione ufficiale degli eventi — che attribuisce i resti ritrovati a quelli di un pallone sonda — sia stata costantemente rivista e modificata nel corso degli anni, suggerendo che ci sia stata un’operazione deliberata di insabbiamento da parte delle autorità. Questo insabbiamento avrebbe avuto come scopo non tanto quello di nascondere lo schianto di un velivolo di origine extraterrestre, quanto piuttosto quello di proteggere il segreto delle avanzate tecnologie antigravitazionali in fase di sviluppo. Pizzuti ipotizza che queste tecnologie, se rese pubbliche, avrebbero messo in crisi l’intero sistema economico globale, basato sui combustibili fossili. L’energia del vuoto, la stessa che Tesla cercava di sfruttare nei suoi esperimenti, avrebbe potuto fornire energia pulita e illimitata, rivoluzionando l'industria e l'economia in modo tale da rendere obsolete molte delle infrastrutture su cui si basa il potere delle grandi multinazionali. Invece di abbracciare queste innovazioni, i governi e le grandi corporation avrebbero fatto di tutto per mantenere il segreto, soffocando ogni possibilità di sviluppo di tecnologie basate sull’antigravità e sull’energia libera. Questa operazione di copertura, sempre secondo Pizzuti, si sarebbe estesa anche al controllo delle informazioni sugli UFO. Egli infatti asserisce che i governi, l'establishment militare e le agenzie di intelligence avrebbero volutamente alimentato l'ipotesi extraterrestre per depistare l’opinione pubblica e nascondere la vera natura degli oggetti volanti non identificati, che in realtà sarebbero, per l'appunto, il risultato di avanzate tecnologie terrestri.
Tuttavia, nonostante la teoria proposta da Pizzuti possa essere in grado di spiegare la natura dei materiali ritrovati a Roswell, essa incontra una significativa difficoltà nello spiegare la natura dei corpi rinvenuti sul luogo dello schianto. Numerosi testimoni hanno infatti descritto esseri di piccola statura, simili a bambini ma con caratteristiche fisiche decisamente non umane: teste sproporzionatamente grandi, occhi enormi, nasi quasi inesistenti e corpi estremamente fragili. Queste descrizioni sono incompatibili con l'idea di piloti umani, anche se altamente addestrati, che avrebbero dovuto guidare il velivolo sperimentale avanzato schiantatosi al suolo, ipotizzato da Pizzuti. L'incapacità della teoria di rendere conto della natura dei corpi rappresenta, quindi ,una lacuna significativa che mette in discussione la sua validità complessiva come spiegazione esaustiva dell'incidente. Non a caso, infatti, nel suo libro Pizzuti mette in discussione le testimonianze che parlano del ritrovamento di cadaveri extraterrestri, affermando che siano probabilmente false o frutto di disinformazione.

Oltre a Marco Pizzuti, vi sono anche altri ricercatori che hanno proposto ipotesi alternative per spiegare gli eventi accaduti a Roswell nel 1947. Una delle teorie più controverse è stata avanzata nel 2005 dall'ufologo britannico Nick Redfern. Nel suo libro Body Snatchers in the Desert: The Horrible Truth at the Heart of the Roswell Story (2005), Redfern sostiene di aver ricevuto informazioni confidenziali da un agente dei servizi segreti britannici che getterebbero una luce completamente nuova sull'incidente. Secondo questa fonte, ciò che precipitò nei pressi di Roswell era un pallone sonda che però trasportava un carico agghiacciante: prigionieri di guerra giapponesi. La fonte di Redfern affermò che questi individui sarebbero stati utilizzati come cavie umane in un esperimento scientifico segreto, il cui obiettivo sarebbe stato quello di studiare gli effetti dell'alta quota sull'organismo umano. Questa ipotesi, se vera, solleverebbe gravi questioni etiche e potrebbe spiegare l'estrema segretezza che ha circondato l'incidente per decenni. L'uso di prigionieri di guerra per esperimenti medici, oltre a essere una palese violazione delle convenzioni internazionali, rappresenterebbe un capitolo oscuro, l'ennesimo, nella storia militare e scientifica degli Stati Uniti. Tuttavia, la teoria proposta da Redfern e dalla sua fonte anonima, pur essendo estremamente interessante e accattivante, presenta problemi significativi. In primo luogo, non si allinea con le numerose testimonianze oculari raccolte nel corso degli anni: Jesse Marcel ed altri testimoni hanno descritto materiali dalle proprietà inusuali ed esotiche, difficilmente attribuibili ai resti di un pallone sonda convenzionale o a tecnologie dell'epoca. Inoltre, l'ipotesi di Redfern non spiega la presenza di scritte o simboli strani sui detriti, né giustifica l'estrema leggerezza e resistenza dei materiali riportata da più testimoni.
Un'altra teoria alternativa, ancora più sensazionale, è stata presentata dalla giornalista Annie Jacobsen nel suo libro Area 51, pubblicato nel 2011. Jacobsen afferma di aver ricevuto informazioni da un ex ingegnere della EG&G, un importante contractor della difesa statunitense. Secondo questa fonte, l'incidente di Roswell sarebbe stato in realtà il risultato di un'elaborata operazione di guerra psicologica orchestrata da Stalin. La versione di Jacobsen dipinge uno scenario che sembra uscito da un romanzo di fantapolitica. Secondo questa teoria, Stalin, ispirato dal celebre racconto radiofonico di Orson Welles La Guerra dei Mondi, avrebbe concepito un piano audace per seminare il panico negli Stati Uniti. L'operazione avrebbe previsto l'invio di un aereo avanzato, specificamente un cacciabombardiere Horten Ho 229, verso il territorio americano. Ciò che rende questa teoria particolarmente inquietante è il presunto carico dell'aereo: esseri umani deformi e mutati grazie ad esperimenti esperimenti eugenetici simili a quelli condotti dal famigerato medico nazista Joseph Mengele. L'obiettivo di questa operazione, secondo la fonte di Jacobsen, sarebbe stato quello di scatenare il panico tra la popolazione americana, facendo credere all'establishment militare e alla popolazione degli Stati Uniti che un'invasione aliena fosse imminente. Tuttavia, il piano sarebbe fallito quando il velivolo, colpito da una tempesta, precipitò nei pressi di Roswell. Anche la teoria proposta da Annie Jacobsen presenta però problemi significativi. Innanzitutto, l'idea di un velivolo tedesco modificato contenente esseri umani deformi mal si concilia con le descrizioni dei rottami e dei corpi fornite dai testimoni dell'epoca. Le caratteristiche dei materiali recuperati, descritti come incredibilmente leggeri e resistenti, non si allineano con le tecnologie aeronautiche conosciute del periodo, nemmeno quelle più avanzate. Inoltre, l'ipotesi non spiega la reazione iniziale dell'esercito, che annunciò il recupero di un disco volante prima di ritrattare. La complessità e l'improbabilità di un tale scenario, unita alla mancanza di prove concrete e alla sua incongruenza con le testimonianze dirette, rendono questa teoria difficilmente sostenibile nel contesto delle evidenze disponibili sull'incidente di Roswell.
L'impatto sulla cultura popolare
L'incidente di Roswell ha avuto un profondo impatto sulla cultura popolare e ufologica, diventando un simbolo iconico del fenomeno UFO. L'evento ha generato molteplici film, serie TV, libri e documentari, alimentando l'immaginario collettivo e stimolando dibattiti che si estendono ben oltre il campo dell'ufologia. La sua influenza ha permeato vari aspetti della cultura contemporanea, dalla letteratura al cinema, dalla musica all'arte visiva, diventando un punto di riferimento ricorrente per narrazioni riguardanti segreti governativi e presenze aliene sulla Terra. L'incidente ha anche ispirato ricerche giornalistiche ed ha perfino influenzato il turismo, trasformando la piccola città di Roswell in una meta di pellegrinaggio per appassionati di UFO da tutto il mondo.

In campo cinematografico, il film Roswell del 1994, diretto da Jeremy Kagan, è stato forse l'adattamento relativamente più fedele della vicenda. Basato in gran parte sulle ricerche di Kevin Randle e Donald Schmitt, autori del libro UFO Crash at Roswell (1991), il film offre una ricostruzione dettagliata degli eventi del luglio 1947 e delle loro immediate conseguenze. Il film è andato in onda sul canale via cavo Showtime, una rete americana nota per la trasmissione di film e serie di alta qualità. La trama del film si sviluppa attraverso l'alternarsi di flashback ed eventi contemporanei. Jesse Marcel, interpretato da Kyle MacLachlan, è il protagonista della storia. Il film esplora le tensioni e le pressioni che circondavano l'incidente, mostrando come Marcel e altri testimoni furono sottoposti a intense pressioni per conformarsi alla versione ufficiale degli eventi. Marcel viene dipinto come un uomo tormentato a causa dell'umiliazione che dovette subire nel luglio del 1947, e che cerca di ricostruire disperatamente il reale svolgimento degli eventi nel loro complesso, parlando anche con altre persone coinvolte nell'incidente e nel recupero dei rottami, nonché con vari testimoni civili. Roswell si distingue per il suo approccio relativamente sobrio e realistico, concentrandosi sulle esperienze personali dei personaggi e sulle conseguenze emotive e professionali dell'incidente, piuttosto che su elementi sensazionalistici. Un aspetto interessante del film è il modo in cui affronta l'insabbiamento dell'incidente, presentandolo non come una cospirazione monolitica, ma come una serie di decisioni prese da individui in posizioni di potere, motivati da una combinazione di paura, incertezza e preoccupazione per la sicurezza nazionale. Questo approccio aggiunge sfumature alla narrazione, evitando rappresentazioni semplicistiche. Il film si conclude lasciando molte domande aperte, riflettendo l'ambiguità e il mistero che continuano a circondare l'incidente. Questa scelta narrativa invita lo spettatore a trarre le proprie conclusioni, stimolando ulteriori discussioni e speculazioni. Il film ha ricevuto un'accoglienza generalmente positiva, con critici che hanno lodato la sua sobrietà e attenzione ai dettagli, sebbene altri critici abbiano trovato il ritmo del film piuttosto lento.

In contrasto con l'approccio realistico del film del 1994, la serie televisiva Roswell, andata in onda dal 1999 al 2002, offre un'interpretazione completamente diversa dell'incidente. Questa serie mescola elementi di fantascienza, dramma adolescenziale e romance, immaginando che i discendenti dei sopravvissuti allo schianto del 1947 vivano segretamente tra gli umani nella Roswell contemporanea. La premessa della serie si basa sull'idea che tre adolescenti alieni — Max, Michael e Isabel — siano emersi dai baccelli di incubazione dopo lo schianto e siano stati adottati da famiglie umane. Ora adolescenti, questi personaggi cercano di mantenere segreta la loro vera identità mentre affrontano le sfide della vita liceale e delle relazioni umane. Roswell si distingue per il modo in cui utilizza l'incidente come punto di partenza per una storia più ampia di identità, appartenenza e amore. La serie esplora temi come l'alienazione (in senso letterale e figurato), il segreto, e le sfide dell'essere diversi in una piccola città americana. Mentre l'incidente originale del 1947 funge da sfondo, la serie si concentra principalmente sulle vite dei personaggi nel presente, facendo però frequenti riferimenti all'evento storico. La serie ha ricevuto un'accoglienza positiva, soprattutto da un pubblico giovane, diventando rapidamente un fenomeno di culto tra i teenager. Grazie al suo mix di fantascienza e dramma adolescenziale, Roswell ha introdotto l'evento di Roswell a un'intera nuova generazione, facendolo conoscere anche ai più giovani e rendendo il mito dell'incidente parte dell'immaginario collettivo contemporaneo.
Oltre al film del 1994 e alla serie del 1999, l'incidente di Roswell ha lasciato un'impronta significativa in numerose altre produzioni televisive e cinematografiche. La sua influenza si è estesa ben oltre le opere dedicate specificamente all'evento, permeando il panorama della fantascienza mainstream e diventando un punto di riferimento ricorrente per storie di coperture governative e contatti alieni. Per esempio, la serie cult X-Files, creata da Chris Carter, ha fatto frequenti riferimenti all'incidente di Roswell, incorporandolo nella sua complessa mitologia di coperture governative e presenza aliena. In particolare, l'episodio The Unnatural della sesta stagione, scritto e diretto da David Duchovny, collega direttamente gli eventi di Roswell alla trama principale della serie. In questo episodio, si suggerisce che l'incidente fosse parte di una cospirazione aliena di lunga data che coinvolge anche figure storiche come Josh Gibson, leggendario giocatore di baseball delle Negro Leagues. Anche Star Trek: Deep Space Nine ha omaggiato l'incidente di Roswell in un episodio intitolato Little Green Men. In questa puntata, scritta da Toni Marberry e Jack Trevino, i personaggi Quark, Rom e Nog viaggiano indietro nel tempo fino al 1947 e si ritrovano coinvolti nell'incidente di Roswell. L'episodio offre una prospettiva fantascientifica e umoristica dell'evento, giocando con l'idea che i Ferengi fossero gli alieni al centro dell'incidente storico. Nel cinema, il blockbuster Independence Day, diretto da Roland Emmerich, fa riferimenti espliciti all'incidente di Roswell. Nel film, si suggerisce che la tecnologia utilizzata per combattere l'invasione aliena sia stata sviluppata grazie ai reperti recuperati nel 1947.
Voci correlate
- Roswell (Nuovo Messico)
- Guy Hottel Memo
- Oggetto Volante Non Identificato
- Stanton Friedman
- Richard Doty
Bibliografia
- The Roswell Incident (1980) di Charles Berlitz e William Moore
- Crash at Corona: The U.S. Military Retrieval and Cover-Up of a UFO (1992) di Stanton T. Friedman e Don Berliner
- UFO Crash at Roswell (1991) di Kevin D. Randle e Donald R. Schmitt
- The Truth About the UFO Crash at Roswell (1994) di Kevin D. Randle e Donald R. Schmitt
- Roswell UFO Crash Update: Exposing the Military Cover-Up of the Century (1995) di Kevin D. Randle
- The Roswell Encyclopedia (2000) di Kevin D. Randle
- Roswell in the 21st Century di Kevin D. Randle
- The Day After Roswell (1997) di Philip J. Corso e William J. Birnes
- Roswell - Storia e versione ufficiale: L'atteggiamento delle autorità governative e militari dal 1947 a oggi di Antonio Manera
- The Roswell Report: Fact vs. Fiction in the New Mexico Desert (1994) pubblicato dall'Aeronautica Militare degli Stati Uniti
- The Roswell Report: Case Closed (1998) pubblicato dall'Aeronautica Militare degli Stati Uniti
- New USAF Roswell Report Relies Upon Questionable "Witnesses" To Support Its New "Dummy Explanation" For Tales Of ET Bodies di Philip J. Klass
- Area 51 (2011) di Annie Jacobsen
- Body Snatchers in the Desert: The Horrible Truth at the Heart of the Roswell Story (2005) di Nick Redfern
- Incontri ravvicinati non autorizzati di Marco Pizzuti
- Autopsie aliene: se il medico si muove come un sarto... di Giuliana Galati
- Autopsia dell'alieno di Massimiano Teso
- Roswell (film), pagina di Wikipedia
- Roswell (serie televisiva), pagina di Wikipedia
- Roswell Incident in Fiction, pagina inglese di Wikipedia